Continuano a crescere i suicidi in carcere. Il XX Rapporto di Antigone riporta che solo nei primi mesi del 2024 sono stati 30 – un numero allarmante se si pensa che nel 2022, l’anno “record” con 85 suicidi accertati, fino ad aprile erano stati 20. Il tasso di suicidi, “ossia la relazione tra il numero dei decessi e la media delle persone detenute nel corso dell’anno”, sembra crescere sempre di più rispetto agli scorsi anni. Per le donne il tasso di suicidi è sostanzialmente più alto rispetto a quello degli uomini (16 casi ogni 10.000 detenute vs 11,8 per i detenuti); dato simile per quanto riguarda i detenuti stranieri: 15 casi ogni 10.000 persone straniere vs 10,5 per gli italiani.
Analizzando i dati dell’OMS sul suicidio in Italia fuori dal carcere, si è potuto notare come all’interno degli istituti penitenziari le persone si levino la vita 18 volte in più.
Perché? Ogni storia è ovviamente diversa e diversi sono i dolori e le sofferenze, ma possibile che ci siano cause comuni? Chi erano queste persone?
Sono emerse molte condizioni di emarginazione, tanti giovani, tanti stranieri, tossicodipendenti, senza fissa dimora e persone che soffrivano di disturbi psichiatrici. I più colpiti sono:
- I giovani dai 30 ai 39 anni di età;
- Gli stranieri provenienti dal Nord Africa.
Sembrerebbe inoltre che almeno 22 delle 100 persone che si sono tolte la vita dall’inizio del 2023 ad Aprile 2024 avessero una patologia psichiatrica. 11 le persone che si trovavano in isolamento, 3 in un reparto psichiatrico e ulteriori 3 in un’area sanitaria. Le regioni più colpite la Lombardia (12), il Veneto (11) e la Campania (10).
A livello di posizione giuridica Antigone si rifà a fonti di stampa, e riporta come la maggior parte dei suicidi avviene tra persone che o sono entrate da poco in carcere, o stanno per uscirne. Il metodo più utilizzato è l’impiccamento.
I problemi che risultano più presenti all’interno delle carceri sono il sovraffollamento, la mancanza di spazi adeguati per poter vivere decentemente e la mancanza di risorse, come la carenza di personale. Oltre i funzionari giuridico pedagogici, gli educatori, questo riguarda anche i servizi di salute mentale, dove a causa del numero elevato di detenuti, i professionisti sanitari non hanno la possibilità di dedicare a tutti lo stesso tempo e a seguirli a ritmo cadenzato.
Le proposte di Antigone a questo proposito sono di migliorare la vita all’interno degli istituti, aumentando gli interventi e le attività all’interno degli istituti; aumentare i rapporti con l’esterno, liberalizzando il numero delle telefonate e prevedendo le “stanze dell’amore” per i colloqui intimi; una maggiore cura durante i primi e gli ultimi periodi della pena detentiva per “umanizzare” queste fasi e accompagnare le persone al loro rientro nella società; e infine permettere più contatti con il personale operativo per coloro che trascorrono dei periodi in isolamento o comunque separate dal resto della popolazione detenuta.
Ogni suicidio è la fine di un viaggio tormentato e pieno di sofferenze personali, e il contesto del carcere ha la potenzialità distruttiva di alimentare delle già precedenti difficoltà. Bisogna fare qualcosa.
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