- La devianza giovanile
La delinquenza minorile si sviluppa come una forma di devianza, caratterizzata da comportamenti che violano le norme sociali e legali per cercare un’identità propria infrangendo le regole. Questi comportamenti possono variare notevolmente in gravità e includere atti come furti, scippi, rapine, estorsioni, atti di vandalismo, violenza, spaccio e uso di droghe, e nei casi più gravi, omicidi.
L’adolescenza è caratterizzata da una maggiore predisposizione alla trasgressività e all’impulsività a causa dei cambiamenti ormonali e cerebrali. Il passaggio dall’infanzia all’età adulta implica una fase di disordine, durante la quale gli adolescenti mettono in discussione le regole degli adulti. In culture primitive, questo passaggio è regolato da riti di iniziazione, mentre nella nostra società spesso gli adolescenti creano i propri riti attraverso comportamenti a rischio. Fattori sociali ed economici, come la disparità di ricchezza e l’attrattiva dei beni di consumo, spingono alcuni adolescenti a cercare vie illegali per ottenere ciò che desiderano. Anche la cultura e l’uso di internet influenzano i comportamenti giovanili, amplificando, ma non necessariamente istigando, la violenza.
Anche la pandemia COVID-19 ha aumentato il disagio tra gli adolescenti, con conseguenze come ansia, depressione e comportamenti violenti. La vicinanza forzata durante il lockdown ha anche accentuato la violenza filio-parentale.
La devianza giovanile è un fenomeno complesso che può essere influenzato da una varietà di fattori, tra cui:
- Fattori individuali: caratteristiche personali come impulsività, bassa autostima, problemi di salute mentale o dipendenza;
- Fattori familiari: le dinamiche familiari, come una mancanza di supervisione, conflitti familiari, abuso o negligenza, possono contribuire alla devianza. Anche la situazione socioeconomica della famiglia può avere un impatto significativo. Spesso la causa si ritrova all’interno di situazioni familiari problematiche, come divorzi, separazioni, lutti e abusi. La famiglia, in generale, gioca un ruolo cruciale: la loro responsabilità primaria è quella di educare i propri figli. La disattenzione dei genitori, un controllo eccessivamente rigoroso, o un permissivismo esagerato possono provocare reazioni violente e ribelli sia dentro che fuori l’ambiente domestico. Per responsabilizzare efficacemente il minore, è fondamentale che prima di tutto si responsabilizzino gli adulti. Gli adolescenti che commettono reati spesso pensano di poter fare da soli e non chiedono aiuto. È importante che imparino a fidarsi e a chiedere aiuto, e per questo è essenziale la presenza di adulti responsabili che li guidino verso lo sviluppo di un senso di responsabilità sociale;
- Fattori scolastici: la scuola rappresenta il primo contesto reale in cui i ragazzi iniziano a costruire relazioni sociali. Purtroppo, si evidenzia una grave lacuna nel sistema scolastico italiano, che spesso trascura i disagi, le necessità e le richieste di sostegno dei ragazzi. Le difficoltà scolastiche, la mancanza di supporto educativo, il bullismo e il disimpegno scolastico possono essere correlati alla devianza;
- Fattori sociali: l’influenza dei pari, la presenza di gruppi devianti, e l’esposizione a un ambiente sociale che normalizza comportamenti devianti possono avere un ruolo importante. Il gruppo di pari può sostenere o aumentare i comportamenti a rischio. Il bisogno di appartenere a un gruppo e di essere socialmente accettati può spingere alcuni giovani a unirsi a bande di giovani criminali. Questi gruppi, noti come baby gang, si formano per il desiderio di rispetto, trasgressione e una sensazione di invincibilità. DDL S. 2672: “per baby gang si intende un gruppo di soggetti minorenni costituito spontaneamente senza una formale affiliazione, che assume comportamenti devianti compiendo crimini di diversa natura, i cui componenti sono accomunati da un sentimento diffuso di rabbia che si sprigiona con particolare violenza nei confronti di persone o cose”. Purtroppo, il fenomeno delle baby gang è in aumento, con sempre più reati commessi da gruppi di giovanissimi che diffondono violenza e terrore tra coetanei e adulti. Questi gruppi sono ben organizzati, con una struttura gerarchica e regole precise. I membri sono spesso ragazzi provenienti da contesti sociali e/o familiari difficili, anche se sempre più spesso includono anche giovani di famiglie benestanti che si dedicano alla microcriminalità;
- Fattori comunitari e culturali: le caratteristiche della comunità, come la povertà, la mancanza di opportunità e la presenza di criminalità, possono favorire la devianza giovanile. Le difficoltà economiche familiari, che portano a condizioni di povertà e isolamento, sono frequentemente alla base dei comportamenti criminali tra i giovani: coloro che vivono in aree periferiche svantaggiate o appartengono a minoranze etniche sono più inclini alla delinquenza a causa della difficoltà di essere accettati dalla società. Anche le norme culturali e i valori predominanti nella società influenzano i comportamenti dei giovani.
Oltre ai fattori di rischio, è essenziale considerare i bisogni evolutivi che spingono gli adolescenti a commettere reati. Per molti giovani, delinquere rappresenta un modo disfunzionale di affrontare compiti evolutivi e cercare autonomia, valore sociale e identità, che spesso sfociano in comportamenti antisociali.
Capire i bisogni evolutivi significa riconoscere le motivazioni dietro i reati, i bisogni alla base (“criminogenic needs”), piuttosto che focalizzarsi solo sui comportamenti o sui fattori di rischio. Gli adolescenti antisociali, infatti, non esprimono chiaramente i loro bisogni, ma agiscono secondo convinzioni come “non ho bisogno di niente” e “devo cavarmela da solo”.
L’analisi approfondita del fenomeno della criminalità giovanile, delle sue cause e delle conseguenze è essenziale per comprenderlo appieno. Tuttavia, parlare solamente del problema non è sufficiente per risolverlo.
- Il sistema penale
Il sistema penale opera su tre livelli:
- Il primo livello è reattivo: interviene con misure restrittive per controllare gli adolescenti che hanno difficoltà a valutare le conseguenze dei loro atti e che peccano nei sensi di colpa. Questa risposta mira a fermare i comportamenti distruttivi e a mantenere l’ordine sociale, prevenendo vendette private. Questo approccio di attribuzione di pena rischia di non ridurre la recidiva ma bensì di aumentarla;
- Il secondo livello è rieducativo o riabilitativo: non si limita a controllare il comportamento deviante, ma cerca di insegnare all’adolescente a controllarsi e a comprendere le conseguenze delle proprie azioni. Questo tipo di intervento, che può includere progetti educativi, sociali o terapeutici (ad esempio in comunità adolescenziali), è generalmente efficace, ma richiede che il minore riconosca i propri errori. Tuttavia, non tutti gli adolescenti sono pronti ad accettare il disvalore sociale dei loro comportamenti, anche quando riconoscono il reato;
- Il terzo livello si concentra sui bisogni evolutivi che stanno alla base dei reati: se il reato è un tentativo disfunzionale di soddisfare un bisogno evolutivo, l’intervento del sistema penale può cercare di affrontare questo bisogno, aiutando l’adolescente a trovare modi più sani per soddisfarlo. Questa prospettiva non è solo correttiva, ma progettuale, mirando ad aiutare l’adolescente a realizzare i suoi compiti evolutivi in modo positivo.
La messa alla prova, prevista dall’ art. 28 del D.P.R. 22 settembre 1988 n. 448 del codice di procedura penale minorile, segue questi principi. Non solo rieduca, ma mira a costruire un progetto di sviluppo e responsabilizzazione sociale, offrendo speranza per una realizzazione personale. L’obiettivo non è punire o colpevolizzare il minore, ma comprendere i bisogni nascosti dietro il comportamento deviante e aiutarlo a trovare nuove soluzioni.
La messa alla prova è una misura prevista dal codice di procedura penale minorile che offre agli adolescenti che hanno commesso reati un’alternativa al tradizionale processo penale. Consiste in un periodo di osservazione e di supporto educativo, durante il quale il minore viene coinvolto in attività di riparazione del danno, formazione, e programmi di riabilitazione sociale.
L’obiettivo della messa alla prova è triplice:
- Responsabilizzare: aiutare il minore a comprendere le conseguenze delle proprie azioni e a sviluppare un senso di responsabilità sociale;
- Rieducare: offrire percorsi educativi, sociali e terapeutici che facilitino il reinserimento del minore nella società;
- Prevenire la recidiva: ridurre il rischio di future trasgressioni legali, insegnando al minore comportamenti alternativi e positivi.
Durante la messa alla prova, il minore è seguito da un gruppo di professionisti che monitorano i progressi e forniscono il supporto necessario. Se la messa alla prova è completata con successo, il reato può essere dichiarato estinto, evitando così una condanna penale.
La messa alla prova ha un tasso di successo dell’80%, ma presenta anche difficoltà. Pur riducendo il tasso di recidiva rispetto a interventi più punitivi non lo elimina completamente. Questo approccio mira a responsabilizzare il minore sulle conseguenze del suo comportamento, spesso attraverso funzioni riparative.
- Dati
Per comprendere meglio la criminalità minorile, è utile esaminare i dati delle segnalazioni e degli arresti dei minori tra i 14 e i 17 anni dal 2010 al 2022. Le segnalazioni mostrano un andamento variabile: dalle 28.196 nel 2010, aumentano dell’8,21% nel 2011, raggiungendo il picco massimo di 32.566 nel 2015. Dal 2015 al 2020, le segnalazioni diminuiscono del 15%, con un minimo di 25.088 nel 2020. Dal 2020, si verifica nuovamente un aumento, raggiungendo 32.522 segnalazioni nel 2022.
Analizzando i dati separatamente per minori italiani e stranieri, si osserva che le segnalazioni per minori italiani sono state stabili dal 2010 al 2016, con un picco di 19.616 segnalazioni nel 2016. Successivamente, calano del 19% nel 2018 e rimangono relativamente stabili fino al 2022. Le segnalazioni per minori stranieri aumentano dal 2010 al 2015, con un decremento significativo nel 2016, ma raggiungono il massimo di 17.032 segnalazioni nel 2022.
I reati commessi dai minori variano. I furti aumentano del 17% dal 2010 al 2015, poi calano del 17% dal 2016 al 2022. Le violazioni della normativa sugli stupefacenti aumentano del 12% dal 2010 al 2015, per poi ridursi del 17% dal 2016 al 2022. Le rapine aumentano costantemente dal 2010 al 2022, mentre gli omicidi volontari rimangono costanti fino al 2015 e poi diminuiscono del 18%.
Per una risposta efficace alla devianza minorile, è importante analizzare anche i dati sugli ingressi negli Istituti Penali per Minorenni (IPM). Tra il 2010 e il 2022, gli ingressi mostrano un andamento oscillatorio con una riduzione del 10%. Il picco massimo è stato nel 2012 con 1.252 ingressi, seguito da una diminuzione del 20% nel 2014 e nel 2020. La maggior parte degli ingressi è dovuta a ordinanze di custodia cautelare.
Il numero medio di presenze negli IPM è stabile, superando i 500 detenuti solo nel 2012. Nel 2022, la media era di 382 presenze, salendo 491 nel novembre 2023, anno in cui gli ingressi sono stati 997. Tuttavia, il numero di minori detenuti è molto inferiore rispetto alle segnalazioni, con presenze medie nelle comunità più alte: nel 2010 erano 827, con un picco di 1.073 nel 2019.
- Conclusioni
L’esigenza di costruirsi una dimensione dove affermare la propria identità viene spesso soddisfatta ed esaudita all’interno del gruppo dei pari, le cui regole sostituiscono quelle della società. Soprattutto, quando c’è la mancanza di riferimenti familiari solidi. Ecco qui che i desideri di uno diventano i desideri di tutti, che colpire il singolo equivale a colpire il gruppo e si inizia ad intraprendere uno stile di comportamento che deve essere adottato da ognuno. È questo il caso di Thomas, il giovane ucciso a Pescara domenica 23/06. Cose che sentiamo alla televisione interessandoci fino ad un certo punto, e quando capita che le viviamo in prima persona non sappiamo come affrontare.
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Fonti: