L’imputabilità nel Diritto Penale Italiano. La capacità di intendere e di volere

L’imputabilità nel Diritto Penale Italiano. La capacità di intendere e di volere

Con imputabilità, nel Diritto Penale, si indica la condizione sufficiente ad attribuire a un soggetto giuridico il fatto tipico e antigiuridico commesso e a mettere in conto le conseguenze giuridiche. Nessuno può essere imputabile se al momento del reato non era in grado di intendere o di volere, ma l’incapacità non esclude l’imputabilità quando la colpa è dovuta al soggetto (ad esempio una persona che si è procurata un’ubriacatura e pur non essendo in grado di intendere e di volere fracassa una vetrina è imputabile).

La nozione di imputabilità, accolta nel nostro ordinamento all’art. 85 del Codice Penale, racchiude dunque i concetti di:

– Capacità di intendere: vale a dire l’attitudine dell’individuo a comprendere il significato delle proprie azioni nel contesto in cui agisce. I periti e gli psichiatri forensi tendono quasi sempre a riconoscere la capacità di intendere tranne che nei casi di delirio, allucinazioni e, in genere, fenomeni di assoluto scompenso rispetto alla realtà.

– Capacità di volere: intesa come potere di controllo dei propri stimoli e impulsi ad agire. Dal punto di vista della prova dell’imputabilità è un fattore molto difficile da dimostrare nel processo.

Va precisato che il concetto di capacità di intendere e di volere va inteso come necessariamente comprensivo di entrambe le capacità: l’imputabilità viene dunque meno allorché difetti anche una sola delle suddette attitudini.

Sulla necessità dell’imputabilità, negli anni sono state proposte varie teorie:

– Teoria del libero arbitrio: è la teoria classica e più antica, secondo la quale è imputabile chi, davanti alla scelta fra bene e male, abbia scelto il secondo, soltanto per propria scelta.

– Teoria della normalità: afferma che è imputabile solo l’uomo normale, l’unico spiritualmente sano e maturo, il quale reagisce in un determinato modo a certi istinti e comportamenti.

– Teoria dell’identità personale: per questa teoria l’imputabilità sussiste ogni volta che l’atto commesso dal soggetto sia riconducibile alla sua personalità. Tuttavia questa teoria non comprende che anche l’infermo mentale compia atti affini alla sua personalità, nonostante questa sia distorta dal malessere.

– Teoria dell’intimidabilità: questa teoria parte dal presupposto che la pena sia una minaccia con efficacia intimidatoria, la quale non può essere recepita dagli immaturi, gli infermi e soggetti simili.

– Teoria della scuola positiva: non concepisce soggetti imputabili o non imputabili, bensì sostiene che ogni uomo, in quanto tale, possa commettere un reato e debba, in tal caso, sottostare alla decisione dello stato, il quale deve essere in grado di impedire che il colpevole del reato possa commettere nuovamente il proprio crimine. La pena è, in quest’ottica, una misura difensiva dello stato nei confronti di sé stesso, piuttosto che un accanimento contro il colpevole. Essa è quindi una misura di miglioramento, la quale cozza con la sua controparte nel diritto positivo italiano, che la concepisce principalmente come castigo.

– Teoria della responsabilità umana: ciò che rende imputabile un soggetto è la capacità di rendersi conto dell’anti-socialità dei suoi atti. Essendo la pena una sofferenza, sarebbe ingiusto e deplorevole comminarla a una persona che già di per sé soffre di immaturità o per malattia, bensì si dovrebbero attuare misure di sicurezza per tutelare sia il soggetto in questione sia la comunità.

Per quanto riguarda la condotta criminosa di un soggetto incapace di intendere e di volere per infermità mentale, c’è un grande vuoto legislativo. La Corte Costituzionale ha sollecitato numerose volte il legislatore a provvedere ma è rimasta inascoltata. Infatti, soprattutto gli articoli 88 e 89 del codice penale andrebbero modificati in maniera più incisiva per il reo.

Secondo l’articolo 88: <<Non è imputabile chi, nel momento in cui ha commesso il fatto, era, per infermità, in tale stato di mente da escludere la capacità di intendere e di volere>>. Secondo l’articolo 89: <<Chi, nel momento in cui ha commesso il fatto, era, per infermità, in tale stato di mente da scemare grandemente, senza escluderla, la capacità d’intendere o di volere, risponde del reato commesso; ma la pena è diminuita.>>.

Il codice penale stabilisce, inoltre, agli articoli dal n. 88 al n. 98 alcuni casi in cui l’imputabilità è esclusa, oppure diminuita. Si tratta della:

 

  • Minore età: per espressa previsione dell’art. 97 non è imputabile chi al momento in cui ha commesso il fatto non aveva compiuto quattordici anni. Il legislatore ha dunque fissato una presunzione iuris et de iure (in cui non serve la prova contraria) di non imputabilità del minore degli anni 14, il quale tuttavia, se giudicato socialmente pericoloso, può essere sottoposto alla misura di sicurezza del ricovero in un riformatorio giudiziario o quella della libertà vigilata. Dalla prima metà degli anni ’90, vi sono state e continuano a esservi diverse proposte per l’abbassamento dell’imputabilità a 12 anni, ma non hanno ancora trovato la piena approvazione. Nel caso dei minori ricompresi tra gli anni 14 e gli anni 18 l’imputabilità va giudicata caso per caso, in concreto e in relazione al fatto commesso. Il giudice dovrà dunque appurare la concreta capacità di intendere e di volere del minore degli anni 18 al momento in cui ha commesso il fatto. In caso di mancanza di tale capacità il minore non è punibile. Nel diverso caso in cui il minore degli anni 18 è capace di intendere e di volere al momento della commissione del fatto viene considerato punibile, ma la pena è diminuita, si parla allora di semi-imputabilità.

 

  • Infermità di mente: ai fini della imputabilità il codice penale distingue il vizio totale di mente e il vizio parziale di mente:

– Il vizio totale di mente si ha, ai sensi dell’art. 88, allorché colui che ha commesso il fatto era per infermità in tale stato di mente da escludere la capacità di intendere e di volere. La conseguenza è la non punibilità del soggetto. In tal caso però il giudice potrà disporre la misura di sicurezza della REMS, ma solo ove accerti in concreto gli estremi della pericolosità sociale psichiatrica.

– Il vizio parziale di mente si ha, in base all’art. 89, allorché colui che ha commesso il fatto era per infermità in tale stato di mente da scemare grandemente senza escludere la capacità di intendere e di volere. In tal caso il soggetto risponderà egualmente del reato commesso, ma la pena è diminuita.

I manuali più aggiornati di psichiatria forense ritengono tale distinzione arbitraria. Spesso la scelta tra vizio parziale e vizio totale è dettata da una ragione di opportunità, perché con il vizio parziale di mente il soggetto, pur imputabile, può ottenere un trattamento di pena più lieve. Quindi mentre nel vizio totale di mente, l’infermità è tale da escludere completamente la capacità di intendere e di volere, l’infermità parziale, invece, viene pacificamente considerata una circostanza attenuante, soggetta perciò al giudizio di bilanciamento con le aggravanti.

In questo modo sembra non esserci una pena adeguata per il soggetto perché in entrambi i casi, o si dà un’attenuazione della pena, o la si esclude totalmente.

 

  • Il sordomutismo: sancisce l’art. 96 che “non è imputabile il sordomuto che, nel momento in cui ha commesso il fatto, non aveva per causa della sua infermità, la capacità di intendere e di volere”. Anche in tal caso, come già per l’infermità di mente, qualora il sordomutismo non escluda, ma limiti grandemente la capacità di intendere e di volere, la punibilità non è esclusa e la pena è diminuita.

 

  • L’ubriachezza: L’ubriachezza può essere definita come una alterazione temporanea e reversibile dei processi cognitivi e volitivi di un soggetto in seguito alla ingestione di sostanze alcoliche. Il codice penale, in relazione all’imputabilità, distingue:

– L’ubriachezza accidentale o fortuita: è definita in tal modo l’ubriachezza che deriva da caso fortuito o forza maggiore. Si pensi ad esempio all’individuo che lavora in una distilleria di alcool e che si ubriaca in seguito a una fuoriuscita accidentale di gas etilico. Se l’ubriachezza è tale da escludere la capacità di intendere e di volere il soggetto non è punibile; se invece non esclude, ma scema grandemente la capacità di intendere e di volere la pena viene applicata, ma in misura ridotta.

– L’ubriachezza volontaria o colposa: la persona è imputabile.

– L’ubriachezza preordinata si ha nell’ipotesi in cui un soggetto si ponga volontariamente in stato di incapacità di intendere o di volere al fine di commettere un reato o al fine di procurarsi una scusa: in tal caso l’imputabilità non è esclusa e la pena è aggravata.

– L’ubriachezza abituale si ha in riferimento a un soggetto che sia dedito al consumo di sostanze alcoliche e che sia di frequente in stato di ubriachezza. In tal caso l’ubriachezza non esclude l’imputabilità e la pena è aggravata;

– La cronica intossicazione da alcool si ha, secondo la giurisprudenza della Suprema Corte, qualora l’intossicazione sia, per il suo carattere ineliminabile, tale da comportare una malattia psichica di carattere patologico. Si applica in tale caso la medesima disciplina prevista per il vizio di mente in quanto colui che compie l’azione a causa della cronica intossicazione da alcool o da sostanze stupefacenti non riacquista in nessun frangente la capacità di intendere e volere contrariamente a chi è in stato di ubriachezza abituale.

 

  • L’assunzione di sostanze stupefacenti: per quanto riguarda l’intossicazione dovuta a sostanze, il codice penale istituisce le medesime sanzioni dell’ubriachezza. L’imputabilità in questi due casi (ubriachezza e assunzione di sostanze stupefacenti) è equipollente.

 

In questa necessità di chiarificazione, complice anche la chiusura degli OPG, il folle reo oscilla tra gli arresti domiciliari, il ricovero in REMS e il ricovero piantonato in SPDC. Questa è una situazione che non può andare avanti, c’è bisogno di una legiferazione in tal senso. Nonostante negli OPG andassero un coacervo di persone per i motivi più disparati, anche per aver semplicemente dato un pugno ad un pubblico ufficiale,  erano comunque delle istituzioni controllate da forze dell’ordine, che permettevano al reo di scontare la pena. Adesso sono talmente lunghe le liste di attesa per entrare in REMS, che di fatto il reo rimane in uno stato di semi (o anche totale) libertà, allungando a dismisura le tempistiche legislative, a causa di una diagnosi di disturbo mentale che dovrebbe proteggere ma spesso l’outcome è il contrario.

 

Questo articolo è stato strutturato tramite le seguenti fonti:

  1. L’imputabilità nel diritto italiano
  2. L’imputabilità e il suo fondamento: le varie teorie
  3. L’imputabilità del reo: ubriachezza e assunzione di sostanze stupefacenti