“Fine Pillola mai”: una inchiesta congiunta per indagare l’uso degli psicofarmaci negli IPM

“Fine Pillola mai”: una inchiesta congiunta per indagare l’uso degli psicofarmaci negli IPM

L’inchiesta “Fine Pillola mai” pubblicata da Altreconomia a novembre dello scorso anno, e a cui ha collaborato anche Antigone, mostra come negli Istituti Penitenziari Minorili (IPM) si usino sempre più psicofarmaci. Vengono utilizzati soprattutto gli antipsicotici, con un aumento della spesa pro capite del 30% tra il 2021 e il 2022.

Viene riportato l’esempio di una visita fatta dagli osservatori di Antigone in un IPM, in cui i ragazzi sono stati trovati come intorpiditi ed addormentati a causa degli psicofarmaci e non per la stanchezza delle attività quotidiane. Sono stati esaminati vari istituti penitenziari per minori in varie città: a Roma, a Casal del Marmo, è aumentata esponenzialmente la spesa in antipsicotici – da 10 euro nel 2018 a 312 nel 2022 pro capite, nonostante le presenze medie siano diminuite da 60 a 33; e al Ferrante Aporti di Torino questo tipo di spesa è aumentata del 364% tra il 2021 e il 2022.

L’uso degli psicofarmaci dovrebbe essere ridotto nei pazienti con il sistema nervoso centrale ancora in fase di sviluppo, come sono gli adolescenti, a causa degli effetti dannosi che possono avere. Giuseppina Paolillo, psichiatra che opera nel carcere per adulti di Parma, afferma come gli antipsicotici vengano usati per quelle manifestazioni borderline, antisociali e narcisistiche del disturbo di personalità, molto frequenti in carcere. In realtà questo tipo di farmaci vengono utilizzati  e “abusati” per far star serene le persone, nonostante molti psichiatri siano contrari all’utilizzo così alto di psicofarmaci, “anche con giovani affetti da patologie in corso o pregresse”.

I giovani stranieri reclusi sarebbero inoltre protagonisti di un sovrautilizzo di psicofarmaci: rappresentano quasi il 50% della popolazione totale e arrivano in Italia non accompagnati. Per loro il carcere non è soltanto una fase ma una vera e propria sconfitta, dato che sognavano di migliorare la loro vita insieme a quella dei loro familiari per poi ritrovarsi reclusi, faticando ad accettare il tutto. Pasquale Ippolito, responsabile dal 2002 delle attività di formazione professionale al “Ferrante Aporti” di Torino per conto di Inforcoop Ecipa Piemonte, conferma tutto il discorso e aggiunge che i ragazzi arrivano nell’IPM con pregresse dipendenze da stupefacenti e psicofarmaci a basso costo. Questo li porta ad essere poco attivi nelle attività di socialità e di formazione proposte.

A tre mesi dalla pubblicazione dell’inchiesta, le risposte sul lato politico sono quasi nulle. Dal Ministero della Giustizia viene trasposto tutto al Ministero della Salute. I dati sulla salute dei detenuti, considerati dati sensibili, non vengono portati alla luce ma gestiti dal Ministero della Salute insieme alle informazioni sull’uso dei farmaci e sulla terapia concordata. Il ministro Nordio afferma come siano attivi un “tavolo di consultazione permanente sulla sanità penitenziaria” con un sottogruppo per la “tutela dei minori”, ma non c’è chiarezza di quei dati considerati sensibili sulla popolazione carceraria.

Il “decreto Caivano” aumenta la possibilità della detenzione per i più giovani, dopo essere entrato in vigore a metà settembre: difatti in tre mesi le presenze negli IPM sono aumentate del 16%. Inoltre vi è l’entrata in vigore delle nuove regole per i minori stranieri non accompagnati che arrivano sul territorio italiano con un numero di tutele sempre minori, dalla presunzione della maggiore età alla possibilità di andare in centri di accoglienza per gli adulti.

Gli psicofarmaci, in una terapia che tratta disturbi così delicati, non vanno intesi come metodo per far stare buone le persone un po’ irruente come possono essere i giovani negli Istituti penitenziari minorili. Vanno usati con cautela e ragion d’essere, perché la loro utilità può facilmente trasformarsi in danno se utilizzati in modo sbagliato.