Quando il folle è anche reo: l’imputabilità nell’ordinamento penale in Europa e in USA

Quando il folle è anche reo: l’imputabilità nell’ordinamento penale in Europa e in USA

L’abolizione del concetto di imputabilità non è stata sicuramente l’idea guida di recenti riforme nell’ordinamento  penale nei Paesi Europei, come ad esempio Spagna, Portogallo, Germania, che hanno modificato l’istituto dell’imputabilità (nello specifico inteso come irresponsabilità del malato di mente delinquente) negli ultimi anni del secolo scorso. Tranne poche eccezioni, gli interventi legislativi hanno conservato la distinzione fra soggetto imputabile e soggetto non imputabile per infermità di mente, anche se spesso si è modificato il percorso, il procedimento per riconoscere la presenza o meno del disturbo psichico.

Se vediamo l’esempio Finlandese il paragrafo 3 del codice penale dispone che non è punibile il fatto commesso da una “persona malata di mente o da una persona mentalmente deficiente a causa dell’età o per altra simile causa”.

In Portogallo il codice penale all’art. 20 prevede che non è imputabile chi, al momento in cui ha commesso il fatto, a causa di anomalia psichica era incapace di comprendere l’illiceità del fatto o di determinarsi secondo questa comprensione. Associando il concetto di imputabilità  quello di punibilità, un altro articolo, il 104, del Codice penale portoghese stabilisce: “Quando l’agente è stato dichiarato non imputabile ed è stato condannato alla reclusione ma si dimostra che, per causa dell’anomalia psichica di cui soffriva al tempo del crimine, il regime dello stabilimento penitenziario comune è per lui pregiudizievole o se la sua anomalia psichica è tale da creare serio disturbo al regime dello stabilimento, il tribunale ne ordina l’internamento in un penitenziario riservato ai non imputabili per periodo corrispondente alla pena.

Altro esempio è quello Tedesco. Secondo l’art. 20 del Codice penale della Repubblica Federale di Germania: “Chi al momento della commissione del fatto, per turbe mentali patologiche, per un profondo disturbo della coscienza, per deficienza mentale od altra grave anomalia mentale, è incapace di valutare l’antigiuridicità del fatto o di agire secondo tale valutazione, agisce senza colpa”.

Vediamo cosa accade invece in Francia. Con il concetto di demenza, il legislatore francese avrebbe inteso associarlo a quello di follia e dichiarare l’irresponsabilità penale dei soggetti affetti da qualsiasi forma di alienazione mentale, difetto di sviluppo intellettivo, di delirio cronico di persecuzione. Abbandonata un’interpretazione del termine demenza intesa nel senso strettamente medico ottocentesco di alienazione mentale, l’art. 64 del Codice penale Francese si presta a ricomprendere tutti quei disturbi che vengono perciò definiti come casi di demenza propriamente detta. Secondo l’art. 122 del Codice penale Francese: “Non è penalmente responsabile la persona affetta, al momento dei fatti, da un disturbo psichico o neuro psichico che ha abolito il suo discernimento o il controllo delle sue azioni.

Veniamo al Belgio, dove all’art. 64 il codice penale sancisce che non c’è reato allorché il soggetto si trova in uno stato di demenza al momento del fatto o allorché ha commesso il fatto spinto da un impulso a cui non ha saputo resistere.

In Olanda il diritto ha assunto una precisa posizione nei confronti dei soggetti psicopatici. Se da una parte, infatti, ha negato loro la qualifica di soggetti non imputabili, dall’altra ha, però, previsto nei loro confronti la possibilità di un regime speciale offerto da misure di sicurezza specifiche in base ad una legge ad hoc.

Rispetto all’ordinamento degli altri paesi europei, si distingue la normativa della Svezia.  Qui, a partire dalla riforma del codice penale del 1965, non è più previsto il concetto dell’incapacità di intendere e volere del malato di mente. Quel che al sistema penale importa non è valutare la capacità del singolo di determinarsi in relazione alle condotte che volontariamente pone in essere, ma è individuare la sanzione più appropriata. Resta quindi la questione di quale sia il regime sanzionatorio e di sicurezza più adeguato alle caratteristiche del reo, questione che è di pertinenza del magistrato.

Una considerazione a parte va riservata all’ordinamento nel mondo anglosassone e statunitense.

In Gran Bretagna, come è tipico nella tradizione di common law, vi è la tendenza a fissare con legge solo i principi generali e “di sistema”, lasciando ampio spazio all’interpretazione in concreto del giudice. Tutta la disciplina si impernia sull’ampio istituto dell’hospital order (ordine di ricovero) in caso di persona condannata e sull’istituto del report on mental condition, che è misura cautelare, in caso di soggetto in attesa di giudizio. Una differenziazione teorica, ma non pratica, visto che in entrambi i casi il paziente viene internato in un ospedale psichiatrico.

Negli Stati Uniti, oggi, il folle-reo ha la possibilità di optare tra tre strategie processuali di difesa: dichiararsi IST (incompetent to stand trial), cioè incapace di “stare a giudizio” a causa dello stato di mente, non comprendendo le dinamiche processuali e le accuse mosse, nonché le eventuali decisioni della giuria, il procedimento viene sospeso finché l’incapacità permane. Il giudice solitamente ordina la custodia cautelare in una struttura psichiatrica. Negli Stati Uniti vi sono annualmente circa 25 000 imputati che si dichiarano IST, ma solo il 25% di questi vengono valutati effettivamente incapaci di stare in giudizio dal giudice. Se si vuole far rilevare invece l’incapacità di intendere e volere al momento della commissione del fatto di reato (e non al momento del giudizio come nel caso del IST), la scelta si restringe alla richiesta di essere dichiarati: NGRI (not guilty by reason of insanity) oppure GBMI (guilty but mentally ill). Le due richieste sono, in concreto molto simili, ma differiscono su un piano storico concettuale. Nel caso NGRI l’imputato sostiene di avere commesso il fatto a causa del vizio di mente, quindi l’esistenza di un nesso eziologico diretto tra malattia mentale e reato. L’onere probatorio a carico dell’imputato porta a far risultare questa tattica complessa e di scarso successo, solo una media di 85 imputati su 1000 si infatti dichiara NGRI e di questi solo il 28% riesce a persuadere la Corte.

 

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