Le stanze dell’amore all’interno del carcere. Correlazione tra intimità e riabilitazione

Le stanze dell’amore all’interno del carcere. Correlazione tra intimità e riabilitazione

Dopo vari tentativi andati in fumo per creare e costruire le stanze dell’amore nelle carceri italiane, il 26/01/2024, con la sentenza numero 10 del 2024 della Corte Costituzionale, vengono consentiti ai detenuti i colloqui intimi: “La Corte costituzionale dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 18 della legge 26 luglio 1975, n. 354 (Norme sull’ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della libertà) nella parte in cui non prevede che la persona detenuta possa essere ammessa, nei termini di cui in motivazione, a svolgere i colloqui con il coniuge, la parte dell’unione civile o la persona con lei stabilmente convivente, senza il controllo a vista del personale di custodia, quando, tenuto conto del comportamento della persona detenuta in carcere, non ostino ragioni di sicurezza o esigenze di mantenimento dell’ordine e della disciplina, né, riguardo all’imputato, ragioni giudiziarie”.

È conseguentemente a questa sentenza che la struttura carceraria Due Palazzi di Padova ha condiviso l’intenzione di creare delle stanze dell’amore, spazi appositi per permettere ai detenuti di trascorrere del tempo con i rispettivi partner senza il controllo visivo e/o uditivo da parte degli agenti penitenziari, per permettere loro di sperimentare un legame intimo e sentimentale fino ad ora negato. Il progetto prevede la realizzazione di prefabbricati mobili posizionati in una delle aree verdi comuni all’interno dell’istituto. Se questo andasse a buon fine, sarebbe il primo carcere in Italia a offrire questa possibilità.

All’interno del carcere le persone sono sottoposte infatti a diverse difficoltà (come il sovraffollamento, l’eccessivo caldo e freddo, la mancanza di acqua per le docce, la solitudine, la qualità del cibo, oltre all’assistere e/o a partecipare a risse, sevizie, sofferenza di ogni tipo), le quali hanno la potenzialità di incrementare la nascita di un disagio a livello psichico. Ad aggiungersi a questi fattori l’impossibilità di trascorrere del tempo da soli con i propri partner, costringendosi a un periodo di astinenza forzata sia dall’affetto, sia da qualsiasi attività sessuale.

Ritenuto uno dei bisogni primari dell’uomo, alla stregua di mangiare e dormire, il sesso porta benefici sia fisici che psicologici.

Tra i benefici troviamo:

  • Aumento dell’autostima;
  • Rilascio di endorfine e ossitocina, anche chiamati “Ormoni della felicità”;
  • Miglioramento del sistema immunitario;
  • Miglioramento del sonno;
  • Aumento della concentrazione;
  • Diminuzione dello stress;
  • Miglioramento della circolazione tramite l’attività fisica.

L’astinenza, in particolar modo forzata, provoca invece:

  • Aumento di stress, rabbia e tristezza;
  • Indebolimento del sistema immunitario;
  • Aumento delle probabilità di tumore alla prostata e malattie a livello cardiovascolare;
  • Diminuzione del livello di attenzione;
  • Peggioramento della qualità del sonno;
  • Aumento dell’insicurezza.

Inoltre, date le regole attuali dell’ordinamento penitenziario italiano che asseriscono che i detenuti possono avere i colloqui con la famiglia in un contesto in cui gli agenti possono “vedere ma non sentire”, non si ha la possibilità di essere intimi con il proprio partner, se non scambiare un abbraccio o un bacio in velocità. Questo comporta non solo sentimenti di malumore e di angoscia nel detenuto, ma anche nel partner, che di fronte ad un’attesa di mesi o, più frequentemente, anni, ha difficoltà a sostenerne il peso e questo lo potrebbe portare a chiedere la separazione o a intrattenere rapporti sessuali con altre persone nell’attesa che finisca la pena.

In un ambiente di limitazione e contenimento come il carcere, all’interno del quale le violenze sono all’ordine del giorno, risentire di un aumento di stress e rabbia provoca spesso un inasprimento delle condizioni di vita del singolo, che va inevitabilmente a condizionare anche quella degli altri, rendendolo più aggressivo o più solitario. Per non parlare della possibilità di avere un rapporto sessuale (consenziente o meno) con un compagno dello stesso sesso per poter alleviare, o almeno cercare di alleviare, questa sintomatologia negativa, la quale può sfociare in un disturbo mentale vero e proprio.

In un Paese in cui la pena ha tra i suoi obiettivi la riabilitazione e il reinserimento sociale (vedi la su citata riforma penitenziaria del 1975), con una raccomandazione da parte della Corte Europea dei diritti umani di migliorare la situazione per quanto riguarda “i trattamenti inumani e degradanti subiti dalle persone detenute” a causa degli spazi fatiscenti ed eccessivamente gremiti per via del sovraffollamento, la perdita della libertà come conseguenza della detenzione non dovrebbe nuocere ai diritti fondamentali dell’uomo, tra cui appunto il diritto all’affettività con il proprio partner. L’astinenza sessuale coatta diventa in questo caso una pena accessoria delle carceri italiane, dove la relazione sessuale sarebbe un lusso e non un diritto fondamentale. Anzi, da molti anche considerata come un problema da controllare, poiché in una stanza privata senza controllo da parte degli agenti penitenziari “non si sa cosa potrebbe succedere”: potrebbero avvenire scambi di oggetti e sostanze che non sono risultate ai controlli, nascoste agli occhi degli agenti e delle videocamere, e che in un contesto privato non hanno modo di verificare.

Queste possibili problematiche di sicurezza sono state superate in 31 stati su 47 del Consiglio d’Europa (per citarne alcune: Spagna, Francia, Olanda, Norvegia, Germania e Svezia), nelle quali carceri si svolgono regolarmente visite da parte dei partner in apposite stanze o unità appositamente costruite e separate dalla zona detentiva. Ogni paese ha definito le regole per questi incontri e il tempo massimo in cui possono avvenire, e ne usufruiscono la maggior parte dei detenuti (coloro che hanno un compagno fisso o moglie/marito): una restituzione dell’intimità che aumenta il benessere personale e all’interno della relazione sentimentale.

La speranza, adesso anche italiana, è quindi quella di permettere di ricostruire e/o mantenere rapporti che risultano fondamentali per sostenere la persona durante una vera e propria riabilitazione e risocializzazione, consentendole tutti i benefici personali elencati precedentemente e cercando di evitare un danneggiamento fisico e psicologico che la potrebbe portare a sviluppare un disturbo psichico.

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