Il rapporto con il corpo: l’influenza dei genitori, dei pari e dei social media in età evolutiva

Il rapporto con il corpo: l’influenza dei genitori, dei pari e dei social media in età evolutiva

Le relazioni che si sviluppano tra gli esseri umani e i propri corpi sono forse le più complesse e ardue da spiegare razionalmente.

Prima della pubblicazione dell’opera The Image and Appearance of the Human Body (1935), da parte dello psichiatra e psicanalista austriaco Paul Shilder (Vienna 1886 – New York 1940), la costruzione di un’immagine corporea era infatti ricondotta esclusivamente alla sfera del fisiologico. Shilder fu il primo a comprendere che l’immagine, definendola “immagine corporea”, ossia il modo in cui il corpo appare a noi stessi, che ognuno ha di sé, è da attribuire principalmente a fattori psicologici e sociali.

Questo studio prese forma in un contesto, intorno alla fine del XX ed inizio del XXI secolo, di insoddisfazione nei confronti delle teorie sviluppate fino ad allora, troppo poco consideranti delle percezioni e dei sentimenti che ciascuno pone nei riguardi del proprio aspetto. Shilder delineò quattro elementi fondamentali che costruiscono l’immagine corporea: il corpo ideale, il corpo percepito, l’oggettiva forma del corpo e l’immagine corporea socialmente accettata (in relazione al contesto socio-culturale).

Siamo spesso portati a pensare che la consapevolezza e la nascita di una conseguente rappresentazione mentale del nostro corpo si sviluppi in età adolescenziale: è in questi anni di vita che diventa difficile l’accettazione di sé e spesso si instaura un rapporto di astio tra un ragazzo ed il proprio corpo, quasi come se si accorgesse, tutto d’un tratto, di averne uno.

L’immagine corporea si presenta in realtà fin dall’infanzia come un mezzo di comunicazione sociale e di rapporto con gli altri (funzione di rispecchiamento). Proprio come sostiene lo psichiatra austriaco, sono principalmente i fattori esterni ad influenzare lo sviluppo di un’immagine corporea. Il Modello Tripartito di Influenza (Thompson et al; 1999) individua tre principali fonti socioculturali di influenza nello sviluppo dell’immagine corporea, dei problemi che ne derivano e dei disturbi dell’alimentazione: genitori, pari e media.

In particolare, soprattutto nell’età evolutiva, ancor prima di quella adolescenziale, il rapporto tra un bambino con i propri genitori e parenti, le parole usate riguardo al suo aspetto e i loro giudizi, positivi o negativi, pongono le basi dello sviluppo di un’immagine corporea, in maniera costruttiva o distruttiva. Diverse ricerche hanno evidenziato quanto le abitudini e le parole di una persona con un ruolo educativo possano avere un forte impatto su un bambino.

Diversi studi hanno inoltre mostrato come, fin dall’età di tre anni, un bambino venga condizionato a considerare negativamente alcuni tipi di corpo e a cercare di perdere peso, con una tendenza sempre maggiore nel corso tempo (Emma C. Spielhis et al; 2015), o anche che, all’età di 5 anni, molte bambine già desiderano di essere più magre o sono insoddisfatte dei propri corpi (Stephanie R Damiano et al; 2015).

Ricerche che dimostrano quanto il Body Shaming (deridere qualcuno per il suo aspetto fisico) sia una pratica che si trasmette da generazione a generazione, nel momento in cui viene insegnato a disprezzare dei corpi, anche il proprio, considerati sbagliati. Il fat talk (riferirsi al peso corporeo durante un discorso), commenti quali “sei troppo magra/o”, opinioni inappropriate su alcune parti del corpo, possono essere cause di ansia, insicurezze e non accettazione di sé.

Questi fattori potranno influenzare l’individuo durante l’età adolescenziale: è in questi anni che il divario tra il corpo ideale e l’oggettiva forma del corpo aumenta notevolmente. In quest’età il corpo cambia (Dana K Voelker et al; 2015) profondamente e il modo in cui lo si impara a conoscere può essere cruciale per il rapporto futuro con se stessi. Le trasformazioni corporee sono inoltre accompagnate da emozioni intense e e nuove ansie e il ragazzo cerca il proprio posto tra il mondo degli adulti e quello dei bambini, domandandosi di conseguenza “chi sono io?”.

La ricerca di un’identità si rispecchia nel cercare costantemente un feedback positivo rispetto alle proprie azioni e al proprio aspetto. Trovare il proprio posto coincide quindi con il trovare un gruppo, un ambiente sociale che sia accogliente. Tuttavia spesso si creano stereotipi e modelli da seguire (sul come vestirsi, parlare, scherzare, etc.) e, di conseguenza, gli ideali di bellezza che si instaurano diventano un’aspirazione da raggiungere e un motivo di confronto ossessivo tra il proprio corpo e quello degli altri.

Trovare se stessi è diventato ancora più difficile dall’avvento dei social media (nel 2024 sono più di 5 miliardi i profili attivi sui social, equivalenti a più del 62% della popolazione mondiale): influenzano il rapporto tra un individuo ed il proprio corpo, proponendo modelli di bellezza irreali e irraggiungibili che, spesso, diventano motivo di malessere, in quanto non si riescono a distinguere le immagini costruite dalla realtà. C’è estremo bisogno di capire che ogni corpo è unico e la maggior parte delle persone che incontriamo ogni giorno non rispecchiano affatto i modelli di bellezza promossi dalla società, la quale ci convince continuamente di essere sbagliati.

È stata infatti osservata la stretta connessione tra bassa autostima e l’uso problematico dei social media (Andreassen et al; 2017). Gli individui che hanno bassi livelli di autostima presentano maggior probabilità di utilizzare i social in modo inadeguato: considerandoli come ambienti sicuri per potersi esporre (Błachnio et al; 2013) o utilizzandoli come mezzo di espressione (Kircaburun et al; 2019). I social media sono anche un modo che l’individuo trova per ricevere approvazione e stimoli positivi, finendo con il giudicare il proprio valore solo in relazione a feedback ricevuti online (Wang; 2024).

Accanto ai profili pro-ana (blog e forum che promuovono la magrezza assoluta), la thinspiration (C. V. Talbot et al; 2017), letteralmente “ispirazione alla magrezza” (E. De Matteis & M. Toscano; 2009), che risulta essere una vera e propria istigazione ai disturbi alimentari, oggi sempre di più assistiamo ad una controtendenza. Molte persone, sia sui media che nella vita reale, hanno iniziato a promuovere l’accettazione e l’amore autentico per se stessi, un rapporto sano con il cibo e con il proprio aspetto.

Questo movimento, chiamato Body Positivity, spesso criticato per “promuovere stili di vita non sani e incoraggiare l’obesità”, è in realtà nato per convincere le persone che ognuno merita di accettarsi così com’è, indipendentemente da come la società e la cultura popolare vedono la forma, le dimensioni e l’aspetto ideali. Love the skin you’re in (lett. ama la pelle in cui sei) è uno dei motti che il movimento fa proprio. Non mancano le celebrità, dall’ambito artistico a quello sportivo e molti altri, che promuovono questi ideali.

“Potete tutti giudicare il mio corpo quanto volete, ma alla fine si tratta solo del mio corpo. E lo adoro, lo amo e mi sento a mio agio nella mia pelle”

Simone Biles

 

“Non ho denti perfetti, non sono troppo magra, ma sinceramente non mi importa nulla. Voglio essere quel tipo di persona che si sente bene nel suo corpo, che è fiera di dire che lo ama e che non vuole cambiare nulla”

Emma Watson

 

“Ma state bene? Gli artisti sono qui per fare arte, vi rendete conto che non sono qui per soddisfare i vostri standard di bellezza, ma per fare arte? E questo corpo è arte. Faccio quello che voglio con questo corpo”

Lizzo

 

Ognuno possiede una visione di sé diversa e troppo spesso critica. Il nostro corpo non è solo l’immagine che gli altri hanno di noi: è ciò che ci permette di fare esperienze, relazionarci, essere vivi. Disprezzarlo e considerarlo quasi solo come un involucro, qualcosa che non ci appartiene, può portare in molti casi a non prenderci più cura di lui, dando il via all’insorgere di alcune sintomatologie, come un rapporto malsano con il cibo o la tendenza ad agire impulsivamente contro se stessi.

Sarebbe meglio amarsi piuttosto che passare l’intera vita a cercare di cambiarsi per raggiungere una perfezione astratta, che non ci renderà felici ma eternamente insoddisfatti.

 

Per approfondimenti:

Come accettare il proprio corpo: l’immagine corporea positiva

Disturbi Alimentari e Dispercezione Corporea: l’Influenza dei Social Media

La relazione tra fear of missing out, autostima e uso dei social media in adolescenza ed emerging adulthood

How your family shapes your body image

L’adolescenza: Aspetti Psicologici E Sociali

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