James passava la maggior parte del tempo sul tetto di una casetta sul giardino retrostante, conosceva la mappa della linea metropolitana di Londra a memoria, ogni fermata, ogni distanza tra ogni fermata, andava a dormire quando il sole tramontava e si svegliava appena sorgeva, non parlava molto ma si faceva capire, era schivo, incrociare i suoi occhi era pressoché impossibile ma li aveva di un blu profondo come il mare, aveva un fratello e una sorella che lo amavano esattamente per com’era e una madre e un padre che lo inondavano di un amore totale e speciale.
Poi c’è Sam, il protagonista di Atypical, una tra le più belle serie tv di Netflix. Un ragazzo definito ‘strano’ dai suoi coetanei, che a 18 anni intraprende un viaggio dentro se stesso divertente ed emozionante anche grazie alla sua terapeuta Julia e al suo amico Zahid, per reclamare la propria indipendenza. Sì è un ragazzo con la Sindrome di Asperger (uno tra i disturbi dello spettro autistico), ma poco importa, perché aldilà della categoria dentro cui gli adulti e professionisti lo categorizzano, o definiscono, lui è unico, come ciascuno di noi, e lotta per la propria individuazione e separazione anche rispetto alla propria famiglia di origine che, spesso, lo soffoca facendo le cose al posto suo, senza comprendere i suoi reali bisogni. E c’è una cosa meravigliosa che Sam fa, insegna sempre qualcosa a tutti, pur avendo un disturbo legato all’interazione sociale, insegna agli altri come farsi rispettare e come farsi prendere sul serio e perché no, anche a mantenere la giusta distanza da lui, dalle cose.
I manuali (DSM 5) dicono che il disturbo si presenta in modo molto variabile da caso a caso, ma in generale è caratterizzato dalla compromissione della comunicazione e dell’interazione sociale e dalla presenza di interessi e comportamenti ristretti e ripetitivi.
I dati (Ospedale Bambino Gesù) oggi dicono che 1 bambino su 77 (tra i 7 e 9 anni) presenta un disturbo dello spettro autistico, con una prevalenza maggiore nei maschi: 4,4 volte in più rispetto alle femmine.
I manuali dicono quali sono i fattori di rischio e prognosi. La presenza o assenza di disabilità intellettiva e compromissione del linguaggio associati e/o la presenza di epilessia è associata a una capacità verbale inferiore. Parlano di fattori di rischio aspecifici, quali l’età avanzata dei genitori, il basso peso alla nascita o l’esposizione al valporato (AIFA) che possono contribuire al rischio di sviluppare un disturbo dello spettro dell’autismo.
Quello che i manuali non dicono, è la sofferenza e lo smarrimento che i genitori attraversano quando la diagnosi piomba sulle loro teste, non dicono quanto costa in termini emotivi dover lasciar andare l’idea che probabilmente avevano rispetto al proprio figlio e incontrare realisticamente chi è, imparando giorno per giorno, ad entrare in punta di piedi nel suo mondo, se lo concederà. I manuali non dicono il bisogno fondamentale delle famiglie di sentirsi abbracciati dai servizi territoriali ma soprattutto dalle esperienze delle altre famiglie che si trovano ad affrontare le stesse paure, gli stessi timori, gli stessi sforzi per poter fare una semplice cosa, la più naturale: capire come amare il proprio bambino sopra ogni categoria.
Non esistono dei trattamenti specifici o cure per l’autismo ma la ricerca e l’esperienza di interventi presenti nella letteratura scientifica internazionale, hanno prodotto le Linee Guida sulle Buone pratiche clinico assistenziali dell’Istituto Superiore di Sanità (Legge 24/2017).
L’ANGSA (Associazione Nazionale Genitori Persone con Autismo) fin dal 1985 si muove entro una rete per la difesa dei diritti delle persone con autismo.
Quello che l’ANGSA fa è mettere in risalto anche romanzi e autobiografie che parlano di esperienze vere, non dimenticando mai chi c’è dietro quella categoria diagnostica, ossia la persona, troppo spesso stigmatizzata, generalizzata, appunto etichettata, appiattita.
Ma le persone non sono etichette (Bambini con l’etichetta, di Michela Zappella) hanno un nome proprio, e si muovo in funzione dei propri bisogni anche se all’adulto o al professionista, può risultare incomprensibile. Forse siamo noi che dobbiamo deporre l’arma della conoscenza sicura per navigare a vista, accettare di perderci dentro il non conosciuto, per approdare in rive non ancora esplorate. Fidarci un pochino di dove l’altro vuol condurci e offrirgli, perché no, se possibile, un ponte, un incontro, rispettando la percezione che loro hanno di sé, dell’altro e quindi del mondo.
Anche perché ne abbiamo di cose da imparare da chi guarda il mondo da un oblò. Dobbiamo ringraziare Michelangelo, Andy Warol, Stanley Kubrick, Mozart, David Byrne, Lewis Carrol, James Joyce, Alan Turing, Isaac Newton, Charles Darwin, Albert Einstein, Bill Gates, Greta Thunberg. Per citarne alcuni.
“L’autismo non può definirmi, io definisco l’autismo.”
Scrive un relatore Dr. Kerry Magro.
Merrick Egber – Assistente amministrativo, Els for Autism Foundation:
“Quando mi è stata diagnosticata per la prima volta la Sindrome di Asperger – una forma di autismo – pensavo a quello che non posso fare, piuttosto che a quello che posso fare. Questo è stato un pensiero errato.”
Ed è su questo che noi vogliamo puntare. Sulle risorse. Su ciò che c’è e non su ciò che le categorie tendono a rimarcare come mancanza.
Quali le risorse.
Maria Luisa Scattoni, che è la coordinatrice dell’Osservatorio Nazionale Autismo, si occupa degli infanti dai 0 ai 3 anni.
Esiste una rete regionale del Lazio per coloro che soffrono di autismo. Uno dei risultati sono i progetti “Pensami Adulto” atto a fare della formazione scolastica il punto di forza per l’ingresso nel mondo del lavoro. Un’altra opera si chiama “Sperimentazione, valutazione e diffusione di interventi finalizzati alla continuità delle cure, con particolare attenzione alla transizione dall’età evolutiva a quella adulta” ed è portata avanti con il patrocinio di Liguria, Campania, Umbria, Veneto e Marche. Vi è anche un altro tavolo di lavoro regionale tra Toscana, Lazio, Lombardia e Sicilia dove vengono raccolti i dati auxometrici dell’infante e vengono incrociate le informazioni per creare una rete di assistenza.
Un progetto particolare è poi Autismo, in viaggio attraverso l’aeroporto, promosso dall’ENAC per facilitare il viaggio aereo alle persone autistiche. Il progetto, presente in alcuni aeroporti italiani tra i quali quello di Fiumicino, in collaborazione con Ita-Airwais prevede la possibilità di utilizzare un simulatore di volo.
Segnali precoci.
Un video del Prof. Di Neuroscienze Vincenzo Guidetti del Policlinico Umberto I evidenzia come sia importante cogliere i segnali precoci dell’autismo per una corretta diagnosi entro la prima infanzia.
I segnali in genere vengono riconosciuti nel secondo anno di vita ma possono essere osservati prima dei 12 mesi. Segnali come mancanza di aggancio dello sguardo, assenza del sorriso, assenza di relazione con l’atro, estraniamento dall’ambiente circostante, ritardo e/o assenza del linguaggio, non risposta alle sollecitazione dall’esterno, possono essere dei campanelli di allarme. Purtroppo la diagnosi è spesso rimandata, proprio per questo l’intervento precoce è fondamentale, per la plasticità del cervello, per permette di ottenere risultati anche molto brillanti, soprattutto su diversi versanti: quello della socializzazione, quello del potenziare le sue competenze, perché ogni bambino autistico è diverso dall’altro, ha una propria personalità e di conseguenza è importante che la terapia miri a ciò che funziona senza fissarsi su ciò che non funziona.
Cosa fare.
Oltre che puntare alla rete, ai servizi territoriali e alle associazioni, l’ISS definisce un intervento appropriato quando:
- È precoce (entro i 2-3 anni);
- È intensivo (20/25 ore a settimana di occasioni di apprendimento in cui il bambino sia attivamente coinvolto in attività psicoeducative pianificate e adeguate al suo grado di evoluzione, distribuite nei diversi contesti di vita: centro terapeutico, famiglia e scuola);
- Prevede un attivo coinvolgimento della famiglia e della scuola;
- È caratterizzato da una costante misurazione dei progressi.
La presa in carico del nucleo familiare da parte dei Servizi territoriali è indispensabile e può essere effettuata mediante: Interventi di sostegno; Il counseling; La psicoterapia individuale, di gruppo e la psicoterapia genitore-bambino. Per i genitori soprattutto nelle prime fasi dopo la diagnosi, sarebbe utile intraprendere un percorso di parent training per favorire una corretta modalità d’interazione con il bambino. Fondamentale è l’integrazione con le scuole che devono sviluppare un programma scolastico personalizzato centrato sull’apprendimento costantemente supervisionato.
Se decisivo può talvolta essere l’intervento precoce, il Manifesto per ripensare l’autismo, documento di recente promosso da un team di neuropsichiatri infantili, pediatri, pedagogisti e filosofi che partendo dai dati epidemiologici e scientifici provenienti da diversi Paesi, chiede un cambio di rotta nel modo di fare diagnosi. L’attenzione è posta, di contro, sull’enfasi data alle diagnosi sempre più precoci: ogni bambino che presenta delle difficoltà evolutive, che potrebbero essere transitorie se affrontate con opportuni interventi sul bambino stesso e sul suo contesto famigliare, viene subito segnalato dalle scuole, forse troppo coinvolte in queste prassi, come sospetto di autismo e la famiglia invitata, talora con forti pressioni, a rivolgersi a centri specializzati per avviare le cure necessarie. Cure che non sempre tengono in considerazione il mondo affettivo-relazionale del bambino e i suoi bisogni più veri e profondi.
Cosa possiamo fare tutti?
Non fermarci mai alla diagnosi, non perdere mai la curiosità di conoscere ciò che è insondabile e ancora oggi pressoché inspiegabile, non giudicare, ascoltare e rispettare l’esperienza dell’altro, non bloccarci nella paura dell’ignoto e informarci e soprattutto, chiedere aiuto e perché no offrire gentilezza.
“Vivevo — e continuo a vivere — in un mondo che è solo mio. E questo mondo ha leggi che nessun altro è in grado di capire.”
Tratto dall’intervista La sfida di Susanna Tamaro: «La mia vita con l’Asperger»
Per approfondimenti: