Di ogni bene – Il cortometraggio esordiente di Pablo Solari sulla salute mentale

Di ogni bene – Il cortometraggio esordiente di Pablo Solari sulla salute mentale

Protagonisti del cortometraggio “Di ogni bene” sono Francesco Mandelli ed Edoardo Sorgente, i quali interpretano due fratelli che non si vedevano da anni e si ritrovano in clinica, dopo che Edoardo ha tentato il suicidio. Le domande che cercano di riempire il silenzio dentro la stanza sono lontane, di circostanza. “Come stai?” Gli chiede Francesco, e gli risponde uno sguardo lontano, un sorriso ironico appena accennato “Non credo di saperti rispondere”.

Allontanati dal tempo e dalla vita, si raccontano gli ultimi anni: Francesco si è separato e la figlia passa la maggior parte del tempo con la madre; Edoardo ha ingerito una dose massiccia di farmaci per mettere la parola fine. Poteva aspettare l’arrivo di un treno, dice, ma aveva paura.

È presente la difficoltà di entrambi, sebbene in due modalità differenti: da una parte Francesco, il fratello che vuole stare vicino, che vuole essere utile e che lo vuole portare via, che vuole rimanere con lui e che gli chiede di farsi aiutare perché così possono andarsene via insieme, ma che non riesce a capire; dall’altra Edoardo, il fratello che di farsi aiutare non ne ha voglia, che parla di sé al passato, che rimane in qualche modo intrappolato dentro al suo male di vivere.

Francesco chiede ad entrambi come finirà quella storia, sperando e cercando di convincere il fratello che da un dolore può nascere comunque qualcosa di bello. “Io non lo so come finisce, a volte bisogna rimanere da soli, in silenzio, cercando di pensare all’eco di ogni cosa bella, di ogni bene che c’è stato” risponde Edoardo.

L’ultima scena vede come unico protagonista Francesco cantare in macchina “Povero Cuore” di MOBRICI e Brunori Sas, riprendendo la scena precedente nella quale la stessa canzone veniva cantata da entrambi i fratelli con l’utilizzo della chitarra, unico momento in cui sono seduti vicini, a simboleggiare unione ma, forse, anche un grido di sofferenza. “Dicono che non ami più, che vuoi strapparti via la faccia e non tornare più/ Dicono che eri meglio prima, ma tu non sai neanche com’eri prima” recitano i versi.

Il cortometraggio, patrocinato dall’associazione StayAleeve, nata nel 2017, che si occupa di fare informazione, sensibilizzazione e prevenzione del suicidio particolarmente tra gli adolescenti, vuole trattare il tema della salute mentale raccontando una storia come tante, di una famiglia come tante, e sottolineando che la difficoltà non sta solo nel chiedere aiuto ma anche in chi quell’aiuto non sa come darlo.