Dal Belgio agli altri Paesi: il modello IESA viene imitato ed è patrimonio dell’UNESCO

Dal Belgio agli altri Paesi: il modello IESA viene imitato ed è patrimonio dell’UNESCO

Il modello IESA (propriamente “Inserimento Etero-familiare Supportato di Adulti sofferenti di disturbi psichici”) è patrimonio UNESCO ed è basato sui principi di empatia e solidarietà.

È un sistema in cui single e foster families (o famiglie ospitanti) si occupano in maniera pratica ed affettiva di persone con disagio mentale per un tempo variabile, a cui corrisponde un rimborso spese direttamente proporzionato a quest’ultimo: in Italia, per esempio, si ricevono 1200 euro per un impegno full time, 40 euro per una giornata, 20 euro per qualche ora e 10 euro per una notte, oltre a una copertura assicurativa a carico dell’Azienda Sanitaria corrispondente. Il rimborso spese è pagato in parte dall’ospite e in parte dal Servizio Sanitario, a seconda della disponibilità del paziente. Il progetto IESA prevede un contratto con un periodo di prova e, anche nel caso in cui sia già stato firmato, la persona ospitante può ritirarsi con un preavviso di venti giorni. Nel nostro Paese il progetto è attivo in 9 Ausl dislocate lungo tutto il territorio nazionale e concerne un contratto rinnovabile, al massimo per un anno, tra l’Ausl di interesse (come garante), l’ospite e l’ospitante. In Italia lo IESA è presente in molte città quali: Bologna, Torino, Bergamo, Treviso, Modena, Monza, Firenze, Settimo Torinese, Lucca, Collegno, Barletta-Andria-Trani.

Ma dove nasce il progetto IESA? È presto detto. Tutto ha vita a partire dalla cittadina belga di Geel, da circa 700 anni. Le famiglie affidatarie accolgono gli utenti anche per decenni, fino a considerarli come parte integrante del proprio nucleo famigliare. Ad oggi, sono 120 i pazienti psichiatrici che vivono presso famiglie affidatarie: queste ultime ricevono un’indennità giornaliera di circa 28 euro per ogni persona di cui si curano, coprendo così le spese di base.

Tutto nasce quindi a partire dal tredicesimo secolo, quando venne costruita la chiesa di Santa Dinfna, patrona delle malattie mentali. Grazie alla sua costruzione, l’introito di pellegrini in città aumentò notevolmente. All’epoca si stima che vi fossero circa 2.000 persone afflitte da disagi psichici che vivevano presso gli agricoltori locali, aiutandoli con le attività quotidiane. Questo processo di “affido” fu l’alternativa all’ospedalizzazione dei malati psichici. A partire dal 1860, inoltre, nacquero servizi di supporto professionale offerti dall’ospedale psichiatrico statale cittadino. Nei secoli questo progetto si è espanso in altri Paesi, come in Francia ed Inghilterra, oltre alla già citata Italia.

Quali sono, alla fine, gli effetti sui pazienti che partecipano al progetto IESA? Questi ultimi consumano meno farmaci per l’ansia e hanno meno comportamenti disfunzionali; inoltre curano di più se stessi rispetto a una condizione rispettiva in clinica. Hanno ricominciato a lavorare, dopo essere stati giudicati incapaci di gestire la propria persona; inoltre hanno la giornata piena di impegni che, oltre all’ipotetico lavoro in condizione “protetta”, può prevedere la frequentazione del centro di salute mentale cittadino. La differenza, però, sta tutta nel trascorrere momenti in compagnia, in un ambiente protetto.

Questo tipo di progetto può segnare una svolta nel modo di approcciare la cura dei pazienti psichiatrici, non più delimitati a centri diurni e centri di salute mentale, ma più con un approccio maggiormente umano e comprensivo.

 

Per approfondire:

Psicologia fenomenologica 

AUSL di Modena

AULSS2 Treviso

ASL TO3

ASL TO4 

AUSL Bologna

USL Centro Toscana 

 

Bibliografia: Aluffi G., Dal Manicomio alla famiglia, Franco Angeli, Milano, 2001