Zerocalcare. Un’anima rivoluzionaria, ritratto di una psicologia attuale e autentica

Zerocalcare. Un’anima rivoluzionaria, ritratto di una psicologia attuale e autentica

Approcciandosi alla prima serie di Zerocalcare  Strappare lungo i bordi, come richiama il titolo, è prudente avere bene a mente il suggerimento di non oltrepassare i bordi, ovvero i confini. Significa rimanere entro una trama psicologica dalla struttura e dal sembiante borderline.

È importante infatti rimanere nel recinto della ragione per non rischiare di perdere il controllo assoluto sulle diverse situazioni dell’esistenza.  Nella prima serie si denota come vi sia prima di tutto un pilastro che la tiene in piedi: l’autenticità. Il protagonista è acerbo e giovane nel modo di vestire, di esprimersi, di parlare. Dal punto di vista anagrafico Zero e i suoi amici, invece, hanno quasi quarant’anni.

In un flusso di coscienza senza filtri, si svela a noi l’autore-protagonista in tutta la sua umanità con le sue  insicurezze e paranoie che ci colpiscono direttamente. In uno dei suoi racconti, ad esempio, il protagonista descrive quando da piccolo si preoccupava troppo per la maestra che non lo vedeva più studiare come una volta.

Riesce ad uscire da questa impasse emotiva confrontandosi con l’amica Sara, e proprio lei, insieme all’Armadillo, rappresentano il territorio di maggiore confronto del protagonista. L’Armadillo, essendo una proiezione della coscienza, incarna un movimento centripeto, mentre Sara più un movimento verso l’altro, l’esterno per intenderci.

Dalla prima alla seconda serie il contesto ambientale si amplia notevolmente: se prima il racconto ha il focus centrato sui problemi interiori, adesso i problemi diventano anche quelli del territorio, nel caso specifico il tema dell’immigrazione è pensato non solo come questione a sé ma è sapientemente mescolato con le storie drammatiche degli amici del protagonista, come quella di Cesare, un amico d’infanzia di Zerocalcare, unitosi a movimenti di estrema destra.

Qual è l’impatto social cha ha avuto la serie?

Sicuramente per alcuni versi è stato divisivo per chi si è schierato a destra come a sinistra: i primi, inclini a distorcerne il significato, interpretando la serie esclusivamente come un inno al buonismo, quando invece il cosiddetto core business dell’accoglienza non c’entra niente ma anzi ruota tutto intorno al lato umano sia degli autoctoni sia degli immigrati.

I secondi, invece, colgono l’occasione per attaccare forze politiche perfettamente integrate nella democrazia. A sciogliere la matassa contribuisce il dialogo tra la bidella della scuola di quartiere e Cesare che è emblematico: quest’ ultimo infatti denuncia una classe dirigente che, a prescindere dal colore della casacca, frega il popolo e che è causa del degrado e smarrimento sociale; dicendo ciò non è per altro casuale l’astio che le sue parole causano nei componenti della sua stessa fazione, che si rivelano essere null’altro che fomentatori di piazza, pronti a gettare benzina sul fuoco.

Questo mondo non mi renderà cattivo a nostro avviso è un titolo fraintendibile, perché accentua lo spartiacque tra i buoni e i cattivi. Invece che soffermarsi sul pantano della politica è il caso di focalizzare l’attenzione su ciò che la serie è in grado di smuovere ampiamente, ossia empatia e sentimenti, sperando di evitare fenomeni come il qualunquismo e l’indifferenza.