Il film “Will Hunting” mette in scena un processo catartico, quello stato mentale di purezza che si raggiunge quando l’animo viene scosso nelle fondamenta da uno spettacolo artistico. Questa purezza va vista come la rimozione di tutti quei blocchi, di tutte quelle zavorre che impediscono di volare alto, di realizzarci a pieno, facendoci permanere in uno stato di perenne incompletezza. Will Hunting è un ragazzo molto dotato intellettivamente, un vero e proprio genio, un avidissimo lettore di libri di ogni area tematica, il contrario del classico “secchione” che non frequenta nessuno, anzi: aveva un gruppo di amici ed un carattere che si tenderebbe a definire “rissoso”, quantomeno non si sottraeva alle scazzottate. Ma è proprio dietro questo suo aspetto – che gli fa collezionare una serie di pendenze giudiziarie – che si cela l’altra faccia della medaglia fatta di un passato traumatizzante che impedisce al ragazzo di vivere, lasciandolo fermo, legato e appesantito dalle sue zavorre. Un cuore che batte, il respiro presente e il gioco è fatto, qualcuno potrebbe pensare che questo sia vivere…quando al massimo è sopravvivere…qui si intende invece la condivisione: non ti puoi permettere di buttare all’aria la tua vita perché le ferite del passato la fanno da padrone sul tuo futuro. A Will faceva comodo la superficialità della vita di gruppo, era come una calda coperta che serviva a celare le sue ferite profonde; con la sua irriverenza si era creato una corazza con cui affrontare l’esistenza. Will Hunting è un genio che non voleva fare assolutamente i conti con la sua umanità. Può sembrare per i più un qualcosa di immediato, per altri che hanno subito ferite da altri esseri umani non è così scontato. Ad incoraggiare ad intraprendere un percorso di cambiamento sarà un professore universitario che colpito dal suo genio lo porterà fuori di prigione per metterlo sotto l’ala protettrice, dopo svariati tentativi, di uno psicologo che rimarrà colpito non soltanto dalle sue capacità intuitive ma anche delle sue ferite, le stesse che rendevano umana quella macchina da guerra del sapere.
Si entra quindi dentro una vita che poteva rimanere nascosta come tante altre, se qualcuno non gli avesse dato un’opportunità; dentro un rapporto che non solo illumina una strada diversa da quella fino ad allora tracciata, ma permette una visione più ampia dell’interseco di vie possibili che vengono viste solo dopo aver riconosciuto il proprio valore personale.