Paura e ignoto: Alessandro D’Avenia ce ne spiega i meccanismi e le ragioni

Paura e ignoto: Alessandro D’Avenia ce ne spiega i meccanismi e le ragioni

Paura ed ignoto sono collegati vicendevolmente, in quanto la prima si pone come sentimento del secondo. Non si può, quindi, evitare di avere paura ma si può non aver paura di provarne, perché essa è una sensazione importante per la crescita degli individui stessi.

A tal proposito, ci si può rifare a una recente ricerca del Policlinico Gemelli, intitolata #WITHYOU- La psicologia con te, che ha evidenziato negli adolescenti un livello molto alto di sintomi appartenenti alla sfera dell’ansia e della depressione: questi sintomi, se presi in tempo, possono essere curati tempestivamente.

L’educazione non elimina la paura di vivere, ma aiuta a farne esperienza come sua parte. L’esperienza indica il processo dell’attraversare e di vivere la realtà proprio nei suoi aspetti paurosi e quindi non conosciuti.

Considerando come il rapporto con l’esperienza sia cambiato, si può affermare come il mondo ci si pari davanti come intervallato da uno schermo, quindi non in maniera diretta. Se l’ignoto aumenta, allora non si ha più esperienza corporea del reale e, in tal maniera, aumenta la paura dell’ignoto stesso fino a diventare angoscia: se la paura ha comunque un oggetto di riferimento, l’angoscia non ce l’ha ed è quindi più pericolosa per la persona.

L’esperienza si compie, quindi, quando si prova mentalmente e fisicamente che la vita ha una propria logica da cui poter apprenderne appieno. Qualunque cosa avente senso, ossia capace di colpire i sensi stessi, può essere fonte di esperienza: il passaggio successivo a questa consapevolezza è passare dai sensi al senso in fatto di esperienza, fino a trovare nelle cose la parola di cui si fanno carico.

Solo quando si riesce a cogliere la parola precisa e veritiera si fa esperienza e la paura fa un passo indietro perché, pur considerando che l’ignoto permanga, essa si mostra come una ricerca anche in un’esperienza considerata negativa. I concetti senza nome, invece, ci fanno rimanere immobili e non andare avanti.

Le cosiddette “parole prime” sono quelle che consentono di educare la paura, di riuscire a trovare la parola veritiera su qualcosa che ci colpisce: sono parole che non possono essere scomposte perché possiedono la pienezza della verità, un po’ come i numeri primi.

Se si colgono questi “principi primi”, allora, si consente al desiderio di trasformare la paura in vita e l’ignoto in futuro.

La paura, in conclusione, può essere variata e trasformata in qualcosa di positivo, se solo si riesce a coglierne la più profonda radice significativa e a cambiarla in qualcosa di cosciente.

Queste considerazioni provengono dall’articolo di Alessandro D’Avenia su “Il Corriere della Sera” del 13/11/2023. D’Avenia è uno scrittore che, tra i vari titoli, ha pubblicato “Bianca come il latte, rossa come il sangue” (2010) e “L’arte di essere fragili” (2016).

Per un approfondimento:

Fondazione Gemelli IRCCS e UNICEF: oltre 1.500 giovani e più di 1.900 genitori coinvolti nel progetto #WITHYOU – La psicologia con te