La chiamano la scuola della fiducia e del dialogo. Guardare al metodo finlandese per migliorarci

La chiamano la scuola della fiducia e del dialogo. Guardare al metodo finlandese per migliorarci

La notizia: lo stile della scuola nordeuropea piomba tra i banchi italiani. Il primo esperimento sarà a Milano, in una scuola primaria secondaria di primo grado.

Che cos’è il metodo finlandese?

Definito come uno dei sistemi scolastici migliori al mondo, il metodo finlandese è un approccio che propone una scuola dinamica, innovativa e promotrice di competenze trasversali ed emozionali. In Finlandia la percentuale dei laureati negli ultimi anni è cresciuta del 45%, mentre in Italia la media dei laureati è pari al 22%, la più bassa d’Europa secondo i dati Eurostat 2013.

Al di là del sistema culturale sociale naturalmente diverso è da notare l’attenzione che la Finlandia dà al proprio sistema educativo, basti pensare che il giorno dei diplomi è festa nazionale, la non distinzione tra scuola pubblica e privata, ma soprattutto che la scuola finlandese viene definita per antonomasia la scuola della domanda.

Cosa vuol dire?

Vuol dire che fino all’età di 13 anni l’esperienza scolastica di apprendimento si basa sulla capacità di fare domande piuttosto che su quella di formulare risposte, il che vuol dire che il pensiero critico diviene parte fondamentale nel processo di formazione degli allievi, che l’allievo è al centro, che ascolto ed osservazione da parte del docente sono prioritari rispetto al giudizio e al suo intervento diretto; infatti non esistono i voti!

Questo crediamo sia in linea con la critica mossa dal filosofo e psicoanalista Umberto Galimberti al nostro sistema scolastico, senza demonizzare tutto, ma sicuramente ritenendo veritiera l’affermazione secondo cui la scuola non educa ma istruisce.

Il suo intervento è severo e duro, si può scegliere o meno di essere d’accordo con la sua analisi, ma di certo evidenzia un piano di realtà critico: la scuola trascura l’aspetto emotivo degli allievi, dimenticando uno degli insegnamenti più belli di Platone, ossia che la mente si apre solo se si apre anche il cuore.

Purtroppo oggi a sostegno di questa involuzione e poca attenzione al sistema scolastico italiano sopraggiunge il disegno di legge DDL, a tal proposito rimandiamo alla lettura dell’articolo Educazione sessuo-affettiva nelle scuole: cosa sta succedendo in Italia e perché è importante.

Un altro aspetto fondamentale e innovativo dell’approccio finlandese è quello di puntare sui piccoli gruppi per favorire l’apprendimento e la circolarità delle opinioni e informazioni. Le classi italiane sono caratterizzate da 30 allievi disposti frontalmente al docente senza che si possano guardare, senza che possano quindi circolare emozioni, comunicazioni, pensieri e riflessioni. La scuola italiana è unidirezionale, mentre l’approccio finlandese punta a mettere al centro l’allievo e le sue relazioni con gli altri. Tradotto in altri termini, ciò su cui si punta non sono le verifiche e i giudizi numerici come unico ed esclusivo metodo di osservazione e valutazione di una capacità dell’allievo, ma si fa riferimento a capacità quali autostima, responsabilità e fiducia, proprie dell’intelligenza emotiva.

Si punta sulla motivazione piuttosto che sull’ammonimento negativo, e sul senso del fallimento. Spesso sul nostro blog abbiamo scritto quanto la paura del fallimento, con relative conseguenze per la salute mentale, serpeggi tra i nostri giovani, con un aumento di ansia e depressione. (Giovani e paura di fallire. L’ansia da prestazione colpisce già in pre-adolescenza).

Massimo Recalcati, psicoanalista e saggista italiano, spesso ha scritto di relazioni tra scuola, figli e genitori. Per Recalcati la crisi educativa non riguarda solo la scuola, ma a più largo raggio, la società. Assistiamo, dice lo psicoanalista, ad un’amplificazione del valore della prestazione dei propri figli, riducendo lo spazio per il fallimento. Nel suo ultimo lavoro La luce e l’onda, Recalcati si chiede cosa può fare oggi un maestro o una maestra e quale tipo di scuola può educare per rendere liberi i propri studenti. E cosa vuol dire realmente educare? La riposta sembra darla proprio il titolo del suo libro, ossia che la scuola oggi deve porsi come un’istituzione e paradossalmente come il suo contrario, quindi come la luce e l’onda. Ogni maestro ha un enorme influenza sul percorso di crescita di ciascun individuo, dovrebbe avere il potere di stimolare e illuminare la scoperta personale ma deve al contempo offrire quegli strumenti come limite, ostacolo, differenze che favoriscono lo spazio per potersi identificare verso la creazione di uno stile originale e autentico. Nella scuola dovrebbero essere presenti questi importantissimi ingredienti perché sono proprio quelli che favoriscono il reale percorso di crescita e apprendimento più della pura didattica. E pura didattica non lo è mai.

Bisogna puntare sulla messa in moto del desiderio. La scuola educativa italiana dunque sarebbe in crisi proprio per aver perso la vocazione al desiderio.

Condividiamo pienamente questo pensiero. E voi? Che ricordo avete dell’esperienza tra i banchi di scuola?

Come condividiamo l’aspetto dell’importanza del fallimento, vissuto in Italia, in modo diverso rispetto al modo in cui viene concepito dai finlandesi. Uno studente in Finlandia fallisce solo quando non ha messo nell’esperienza tutto ciò che era nelle sue possibilità. È diverso che ritenere fallito uno studente, che è così giudicato dai suoi risultati messi a confronto con delle statistiche. Si è individui e non scarto dalla media. Questo cambia il punto di vista, cambia il modo in cui ci si pone in relazione agli studenti e cambia anche il senso di efficacia, che è così possibile sviluppare proprio da quella difficoltà.

Sicuramente tutto ciò è possibile proprio grazie all’altro aspetto intrinseco all’ascolto e alla domanda, di cui sono padroni per eccellenza in questo sistema educativo così efficace: il dialogo.

Recentemente l’Ansa ha pubblicato la classifica delle scuole italiane utilizzando i dati pubblicati su Eduscopio e titolando l’articolo “Scuole romane battono le scuole milanesi, avanzano le private”, come se la questione formativa scolastica fosse riconducibile quasi a un tifo da stadio, come se fosse esclusivamente una valutazione quantitativa piuttosto che qualitativa, e ciò che è peggio, è la ribalta della scuola privata sulla pubblica. Anche per questo il metodo finlandese vince a mani basse, perché tutti accedono alle scuole pubbliche, non esiste la privatizzazione, tutti hanno pari diritti e pari opportunità. In Italia questa è solo utopia.

Il progetto Eduscopio utilizza come metodologia dati, le caratteristiche demografiche degli studenti, la votazione delle carriere scolastiche e universitarie conseguite e gli indicatori di performance universitari conseguiti in base alla media dei voti e ai crediti ottenuti. Quindi ancora una volta tutto all’interno di un’ottica estremamente quantitativa.

E se invece pensassimo alla responsabilità delle scuole come fondamentali nello sviluppo di capitale umano?

Non sappiamo quale sarebbero i risultati, ma sicuramente sarebbe la direzione più appropriata sulla quale puntare, proprio come fanno i Paesi che davvero mettono al centro della governance la formazione intesa come nucleo centrale sul quale investire per il futuro.

 

Per saperne di più

Reportage alla scoperta della scuola Finlandese