Le farfalle umiliate: quando le medaglie vinte contano più della propria salute

Le farfalle umiliate: quando le medaglie vinte contano più della propria salute

Chiara sale sulla bilancia per l’ennesima volta in giornata, mentre l’allenatrice la guarda con sentimento di repulsione perché la ginnasta ha messo su un altro etto e non manca di denigrarla anche con le parole: questa è una storia di nostra invenzione ma, in realtà, si rifà a dei casi di cronaca realmente accaduti.

È proprio degli ultimi giorni la serie di notizie di denuncia di comportamenti vessatori che sarebbero stati esercitati da parte di allenatori nei confronti delle ginnaste intervistate. Denunce pubblicate su varie testate giornalistiche, dove si descrive il disagio profondo vissuto dalle giovani promesse della ginnastica ritmica. Si ipotizza che gli allenatori abbiano utilizzato anche gestualità e un linguaggio violento e prevaricante, arbitrari atteggiamenti: l’unico dato vero è che le ginnaste, a causa di questa esperienza, hanno affermato di essere così sconfortate da decidere di abbandonare lo sport in sé.

Il punto è proprio questo. Qual è il limite tra il vivere e lottare per raggiungere obiettivi sportivi in modo salutare e lo spingersi oltre sconfinando nella patologia o sofferenza prolungata?

È vero che la ginnastica ritmica, al pari di tante altre discipline, a detta degli esperti, richiede un impegno assiduo, autodisciplina, controllo e sacrificio. Fattori che l’agonismo richiede. Le giovani promesse rinunciano a cene con gli amici e a uscite, per passare la maggior parte del loro tempo in palestra: il loro unico tragitto consentito è quello tra l’hotel e la palestra, come nel caso di Desio (la città dove è situato il centro di allenamento delle Farfalle italiane). Ma dove si colloca quel limite invisibile tra sostegno alla propria atleta e coercizione disfunzionale per ottenere i risultati?

C’è un ulteriore aspetto nella questione che va considerato. Dovrebbero essere istituite delle figure professionali di ispezione e verifica che agiscano sul campo con il duplice scopo, da una parte, di appurare la veridicità del fatto (in questo caso l’umiliazione subita), dall’altro di regolamentare gli eventuali atteggiamenti/comportamenti  per ridurre il rischio che tali episodi accadano.

Uno degli obiettivi da raggiungere è la creazione di un’intesa di collaborazione e prevenzione della salute psicofisica delle ginnaste, che preveda la presenza di specialisti della nutrizione e dello psicologo. Si deve pertanto prioritariamente preservare la salute delle giovanissime che si approcciano magari per la prima volta al mondo dello sport e alla ginnastica ritmica.

Del resto una certa ricerca ossessiva della conquista del podio e di un’eventuale vittoria da parte delle ginnaste fa parte integrante dello sport scelto. Però a volte, forse, si finisce, per confondere la dedizione per lo sport che si ama con la coercizione imposta da chi allena, in un susseguirsi di episodi senza fine. Ai quali, però qualcuna oggi ha avuto il coraggio di dire basta.

Per chi vuole approfondire l’argomento, si consiglia la visione della puntata di “Fame d’amore”, condotto da Francesca Fialdini in seconda serata su Rai Tre, il giorno 14 Novembre.

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