L’invenzione della fotografia ha segnato in modo definitivo il nostro modo di vedere il mondo. Questa tecnica rivoluzionaria è nata e si è perfezionata esponenzialmente nel corso dei secoli scorsi (dal 1826) grazie al contributo di studiosi, inventori, artisti e scienziati, attirando personalità che non avevano mai avuto a che fare con reazioni chimiche (ad esempio Hyppolite Bayard, impiegato al Ministero delle Finanze). Questa sua capacità di influenzare la società in ogni campo la rese ben presto popolare in ambito artistico, storico e documentario, riuscendo ad assumere anche una valenza scientifica come elemento diagnostico, utilizzata soprattutto nelle ricerche psichiatriche.
Tra i medici che applicarono la fotografia in tale ambito, i primi furono Alexander Morison (1779-1866), il suo successore Welch Diamond di Norwich (1809-1886), Guillame-Benjamin-Amand Duchenne de Boulogne (1806-1975), Jean-Martin Charcot (1825-1893), Cesare Lombroso (1835-1909) e Augusto Tamburini (1848-1919).
Morison fu uno dei pionieri della medicina psichiatrica, pubblicò tre trattati (Outlines of Lectures on Mental Diseases; Cases of Mental Disease, with Practical Observations on the Medical Treatment e The Physiognomy of Mental Diseases) fondamentali per i successivi studi psichiatrici e, intorno al 1840 a Springfield in Gran Bretagna, presentò un suo studio servendosi di immagini parallele di un paziente durante la malattia e la successiva riabilitazione.
Imparò da lui Diamond, fondatore del primo laboratorio di fotografia nel 1852 all’interno del manicomio del Surrey in cui lavorava. Fu talmente tanto appassionato di questa tecnica (editore del Photographic Journal e tra i fondatori della Photographic Society) da partecipare alla prima mostra collettiva di fotografia a Londra con due “fotografie di alienati”, in occasione della quale presentò un nuovo modo di concepire la fotografia: uno strumento scientifico per agevolare il medico nel formulare una diagnosi.
Interessanti sono gli scatti provenienti dagli anni tra il 1852 e il 1856, i quali raccontano delle sperimentazioni del clinico Duchenne sulla stimolazione elettrica dei muscoli della faccia. Ricerche (per le quali collaborò Adrien Turnachon (1825-1903), fratello più giovane del famoso fotografo Nadar) che emersero nel libro “Mécanisme de la physionomie humanie, ou analyse électro-physiologique de l’expression des passions”, di grande rilevanza e utilità per un alto scienziato, che successivamente pubblicò “The Expression of the Emotions in Man and Animals”: il biologo naturalista Charles Darwin. Il libro di Darwin dopo alcuni anni venne citato dalla rivista “Iconographie photographique de la Salpetriére”, diretta dal clinico francese, fondatore della neurologia, Charcot. Lui stesso collaborò con Duchenne, con il quale pubblicò il primo trattato neurologico “Traité des nevralgies ou affectiones douloureues des nerfes” nel 1841, segnando l’inizio dell’utilizzo dell’illustrazione fotografica neurologica nei trattati medici.
In Italia spicca il nome del medico e psichiatra Cesare Lombroso, il cui lavoro controverso venne dibattuto a lungo e alla fine smentito dalla scienza: si proponeva di individuare un metodo certo per identificare coloro fossero predisposti al crimine. Secondo i suoi studi nei delinquenti erano presenti alcuni segni genetici inconfondibili, tra i quali stimmate (avendone cinque e non una si apparteneva al 35% degli alienati nella categoria dei “delinquenti nati”), malformazioni o anomalie dello scheletro o del volto (come una fronte alta o un alto tasso di pigmentazione della pelle) ma anche modalità di esprimersi (ad esempio un dialetto gergale) o il fattore tatuaggi.
Le fotografie da lui scattate furono però fondamentali per il successivo utilizzo del metodo scientifico per le ricerche poliziesche: ad oggi vengono utilizzati strumenti come le misure antropometriche sul corpo dei sospetti e le foto segnaletiche. Le immagini sono conservate al museo antropologico di Torino. Augusto Tamburini, citato precedentemente, svolse ricerche che vergevano sull’utilizzo della fotografia in ambito neuropsichiatrico. Operò principalmente all’ospedale di San Lazzaro (fu direttore qui dal 1877 al 1907), dove introdusse l’uso della fotografia: ancora oggi si possono trovare diversi scatti fatti ai pazienti in quell’ospedale reggiano.
Sicuramente, da quando è nata la fotografia ad oggi molte cose sono cambiate: non è più possibile riprendere pazienti psichiatrici internati, come giusta tutela della loro privacy; l’idea che ci sia una correlazione tra l’aspetto e l’essere predisposti alla malattia mentale è stata smentita scientificamente; esistono strumenti molto più potenti per effettuare diagnosi. Persiste l’importante funzione che svolse nella scienza, preservando il suo ruolo in alcune branche della medicina (si pensi ad esempio alle fotografie pre-post operazioni estetiche o anche alla fotografia odontoiatrica, sempre più avanzata).
Numerosi medici seguirono le orme delle personalità sopracitate, apportando significativi giovamenti sia al mondo scientifico che al mondo artistico. Essendo un’arte così trasversale la Fotografia è stata utilizzata in svariati ambiti tra cui quello clinico appena trattato. Poiché è uno strumento così potente e a così ampio raggio, è stata adoperata al fine di supportare numerose teorie. Spesso la sensibilità artistica e il progresso hanno perciò trovato nella fotografia un punto di incontro, rendendo la sua scoperta ancora più incisiva e trasformativa nella recente storia dell’umanità.