Chi era Beethoven: dramma, follia, genio

Chi era Beethoven: dramma, follia, genio

Beethoven ha donato tutto se stesso all’arte musicale scegliendo di vivere per e nella gioia della musica.

Quello che emerge dagli scritti è che Beethoven, nonostante la sua fama di misantropo dall’aspetto scapigliato, era un uomo molto dolce, sensibile, dall’aria un po’ eccentrica, ma dall’animo timido.

La relazione tra i problemi di salute mentale e la creatività artistica non è affatto chiara.

Beethoven, forse, non soffriva né di bipolarismo né di nessun’altra malattia mentale conclamata, ma gli storici analisti odierni si arrogano il diritto di insinuare e formulare diagnosi sulle sue condizioni.

Certo, questo non vuol dire che Beethoven non soffrisse.

Questo è difficile da smentire; lo sostiene infatti lui stesso all’interno di una serie di scritti autobiografici, pubblicati nel 2015,  Autobiografia di un genio a cura di Michele Porzio.

I suoi sbalzi d’umore, forse per certi versi, di carattere ciclotimico, erano rafforzati e accentuati dalle numerose malattie organiche che, a partire dai 28 anni in poi, pare, lo assediassero.

Comunque Ludwig V.  sublimò, per dirla freudianamente, tutto in musica.

Ludwig V. ha dovuto ricontemplare se stesso davanti agli occhi della vita e riconsiderare quella forte connessione con l’universo che aveva sempre detto di sentire visceralmente.

Beethoven, dal punto di vista umano, è un uomo ferito, ferito nell’anima e nel corpo da tutte le sue patologie. Eppure, non è un individuo disilluso, per quanto la sordità gli abbia procurato delle grosse delusioni.

Il disincanto non predomina nelle sue opere, sinfonie come l’Eroica, La Pastorale  e molte delle sue sonate trasudano di gioia pura, di solidità, di idealismo e sistematico lirismo.

Nelle sue sonate per pianoforte si ripete un preciso schema, come ad esempio nella Sonata Op. 2 n.3, si mescolano in maniera sincretica l’esaltazione della gioia, dell’idillio umano e della Natura tutta; una grandezza poetica e sopraffina. Molte di queste caratteristiche si uniscono alla malinconia dell’Adagio, a una certa languidezza e alla dissolvenza.

Non mancano le parti in cui emerge un fare energico e nerboruto, quanto selvatico, degli accordi in fortissimo.

Anche i silenzi musicali sembrano l’incarnazione di un’anima che, tacendo, medita.

Corrado Augias nella trasmissione La Gioia della Musica nella puntata sulla quinta sinfonia dice di Beethoven attraverso lo scrittore Hoffmann: “La musica riveste ogni passione con lo scintillio purpureo del romanticismo, quella di Beethoven ci schiude il regno del titanico. Raggi infuocati sfrecciano attraverso la profonda notte, annientano ogni cosa in noi senza estinguere il dolore di un infinito struggimento”. Ma anche di una profonda vibrazione vitale.

Il suo umore era spesso instabile, corollario di una gioia che si lima sulla sofferenza, la quale riporta  i caratteri di una soggettiva passione.

La creatività, in Beethoven, è motivata dalla necessità di ricreare qualcosa di perduto; l’opera artistica rappresenta un tentativo psicoanalitico di riparazione, di riconnessione.

Se è vero, dunque, che l’artista soffriva di uno sbilanciamento nella regolazione dell’umore, costituisce una verità insopprimibile il fatto che egli abbia prodotto proficuamente opere destinate a rimanere nella memoria dell’eterno.

La musica è per Ludwig V.B. la più nobile tra le forme d’arte.

 

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