Abstract: IL FUTURO DEI SERVIZI DI SALUTE MENTALE IN ITALIA. Significato e prospettive del sistema italiano di promozione e protezione della salute mentale

Abstract: IL FUTURO DEI SERVIZI DI SALUTE MENTALE IN ITALIA. Significato e prospettive del sistema italiano di promozione e protezione della salute mentale

L’Autore – direttore per molti anni del DSM di una ASL di Roma – definisce il sistema italiano di assistenza psichiatrica un »laboratorio di salute mentale» sottolineandone così le «straordinarie» potenzialità di assistenza, formazione e ricerca. Il laboratorio deve essere sostenuto e guidato da un paradigma – la «neo-deistituzionalizzazione preventiva» – che l’autore presenta e analizza nella seconda parte del volume. Non senza aver prima individuato le criticità del laboratorio italiano e fornito ben 74 raccomandazioni per perfezionare l’attuazione della legge 180 e migliorare performances ed esiti dei servizi di salute mentale.

Nella prima parte, dopo aver presentato le diverse componenti e i diversi soggetti del sistema italiano di salute mentale, Piccione ripercorre la storia del movimento italiano di psichiatria antistituzionale per contrastare e superare il paradigma manicomiale. Tale paradigma concepiva il disturbo mentale come malattia, cioè come danno biologico da riparare con gli strumenti e i metodi del modello medico in condizione di istituzionalizzazione e con effetti di emarginazione e spersonalizzazione dei pazienti. Lo stesso funzionamento della salute mentale nel modello dipartimentale «può subire un processo di involuzione neo-manicomiale». Per superare questo rischio la prospettiva del DSM è quella di imboccare la scelta del «modello preventivo», ovvero di ripensare ogni modalità di intervento nella prospettiva della promozione della salute mentale. Il modello preventivo è quindi «finalizzato a ridurre l’incidenza dei disturbi mentali, ritardarne l’esordio e ridurne la gravità clinica».

La seconda parte del volume affronta gli aspetti epistemologici di una pratica efficace in salute mentale basata sulle evidenze scientifiche che incidono in misura ancora irrisoria (15%). Servono anche la ricerca empirica e il confronto continuo con altre discipline che forniscono i «determinanti etico-teorici» a sostegno di processi come la “deistituzionalizzazione“ (e oggi la “recovery”). Fondamentali sono anche le analisi economiche attente ad individuare il rapporto costo-efficacia degli interventi senza derogare da un «aziendalismo» virtuoso della sanità.

La terza parte si focalizza sul «repertorio delle innovazioni», dalle pratiche innovative di comunità, alle letture “preventive” dei disturbi più gravi, fino alle istituzionali che guardano al futuro e disegnano nuove competenze degli operatori e una nuova struttura, l’«istituzione inventata» al posto del DSM. Infine, l’autore suggerisce di inserire nel corredo formativo di un operatore di salute mentale anche i saperi delle scienze umane e sociali, per andare così verso una compiuta «scienza della salute mentale».

Frase emblematica: «Alcuni CSM anacronisticamente pensano che la propria mission sia quella di curare e riabilitare i pazienti, in particolare quelli gravi, del territorio di competenza, che ne fanno domanda. Non è così. La vera mission di un CSM è la tutela e la promozione della salute mentale del proprio territorio, per realizzare la quale occorre allargare l’intervento alla dimensione preventiva e di promozione della salute mentale».