Urbana. Storia di una donna di San Lorenzo, tra difficoltà e voglia di rivalsa

Urbana. Storia di una donna di San Lorenzo, tra difficoltà e voglia di rivalsa

Nella giornata del 12 aprile si è tenuta la presentazione del libro “Urbana” di Vincenza Salvatore, fotografa e scrittrice, presso la libreria Scione Editore nel quartiere romano di San Lorenzo.

Urbana è un archetipo della dura realtà attuale, di povertà. La donna, raccontata dal protagonista, è l’esempio di come le difficoltà possono essere affrontate anche se, purtroppo, non sempre va tutto verso il lieto fine. La storia si svolge tra il quartiere San Lorenzo e la stazione Termini di Roma, con il famoso “binario 16” che si pone come luogo di prostituzione con i clienti. La vicenda raccontata è ispirata a una storia reale.

Nella fase iniziale sono state presentate e mostrate alcune foto inerenti al quartiere, luogo di ambientazione del libro, insieme alla Stazione Termini. Le fotografie sono state scattate dalla stessa autrice, anch’essa fotografa.

Il rapporto di Urbana con gli uomini e l’attenzione al linguaggio utilizzato

La prima lettura che è stata proposta è intitolata “Urbana e gli uomini”, letta dall’attrice Giovanna Castorina. In questo testo si è descritta la condizione della donna, costretta a prostituirsi perfino con uomini molto più anziani di lei. La prostituzione era diventata la sua vita e l’aveva portata ad incontrare anche gente malvagia nei suoi confronti.

È intervenuta successivamente la poetessa Tamar per una nota critica. La poetessa è anche collaboratrice della casa editrice Bertone, la stessa del libro dell’autrice della presentazione. Non è un libro particolarmente duro, piuttosto di “amore estremo”. È scritto in soggettiva del protagonista, con una visione cinematografica, che è innamorato di Urbana in maniera incondizionata.

Si è esposto anche il concetto di “neoliberismo dei sentimenti” secondo il quale, se non si è belli, si è usati come prodotti di scarto. È stato fatto un riferimento alla canzone di Fabrizio De André “La città vecchia”: “anche se non sono gigli, sono pur figli di questo mondo”. Il libro è inerente al suo non essere un “giglio” ma non per sua colpa, a causa di vicende che ha subito, nel contesto degli anni Ottanta.

Il personaggio di Urbana, a detta dell’autrice, è esistita realmente e ha vissuto in una società decadente, oltre che indifferente.

Nonostante tutte le difficoltà, tutti meritano dolcezza e comprensione, perché non sono le esperienze che si sono vissute a rendere cattiva una persona.

C’è stato un notevole lavoro sul linguaggio a dispetto della trama di stampo “duro”; l’autrice è riuscita, comunque, ad addolcire la trama del racconto. È un tipo di lettura adatto a tutti, anche ai più giovani, per rendere il nostro cuore “meno duro”. Si è potuto riassumere l’intervento della poetessa Tamar anche con la frase “l’esposizione alla bellezza rende migliori”.

La prostituzione e la droga rendono Urbana una persona debole e bisognosa di comprensione

La seconda lettura che si è tenuta è intitolata “Al bar”. Urbana è stata chiamata con epiteti negativi riguardo la sua vita e la sua “professione”, anche a causa di furti fatti ai danni di alcuni uomini, suoi clienti. Entrando in questo luogo, da adolescente spaesata si trasformava in donna volgare e truce, a causa del contatto con la spietatezza del mondo. Aveva questi cambi di umore così repentini a causa della schizofrenia di cui soffriva.

Al bar incontrava i clienti e il protagonista ne era dispiaciuto, dopo averla vista così elegantemente vestita. La maschera era quella di una donna aggressiva: questa “sceneggiata”, però, non era utilizzata con il protagonista.

Francesco de Girolamo ha parlato di Basaglia e di ciò che ha fatto di importante per la storia della psichiatria. Pensava che il libro dovesse diventare un film per via del modo in cui è scritto; si è tenuto un discorso complesso su Basaglia e sulla sua vita, con una sorta di critica su come sia stata data poca importanza al centenario stesso. Si è anche ricordato come, nel 1967 e in seguito all’aver esperito il suo lavoro in manicomio, Basaglia abbia scritto “L’istituzione negata”, uno dei suoi testi più importanti.

Ci sono stati due motivi per cui Urbana è stata legata alla vicenda manicomiale. Il primo è quello secondo cui la maggioranza delle persone internate nei manicomi erano donne; venivano rinchiuse per vari motivi, tra cui il trovarsi in una situazione di degrado o per comportamenti “disagiati o fuori dalla norma societaria”, con la diagnosi finale di malattia mentale. C’è stato anche un riferimento alla poetessa Alda Merini, anch’essa vissuta in manicomio e che ha scritto poesie toccanti proprio durante quel periodo.

Alda Merini, a differenza di Urbana, ha ritrovato nell’incontro con gli altri una valenza positiva, tra cui l’amore in mezzo ad esperienze di sofferenza. La poetessa, inoltre, ha riconosciuto un valore alle istituzioni.

Vi stata è un’ulteriore nota critica: nel libro si è assistito a un processo di abbruttimento dato da droga e prostituzione. Si è parlato di sofferenze continue ed impraticabili, di cui siamo stati inerti spettatori e dove non si è notato nemmeno un minimo di amor proprio, in una condizione di stampo marginale e clandestina. Non si è pensato a un processo di recupero verso queste persone versanti in una situazione di difficoltà. Ci si è concentrati sulla vicenda che aveva tratti comuni a tante altre condizioni ma che è stata caratterizzata da tanta sofferenza, oltre che da una fisicità rovinata. Il suggello di “sconfitta sociale” c’era nell’esperienza carceraria che, nonostante tutto, l’ha resa più forte attraverso il cibarsi ma l’ha privata di autenticità allo stesso tempo. È come se fosse ringiovanita ma fosse stata, allo stesso tempo, privata della dolcezza che la caratterizzava.

Il rapporto con i farmaci e la sofferenza, vista dagli occhi del protagonista per la donna che ama

La terza lettura è intitolata “Camminare nello spazio” e la quarta “Biologismo psichiatrico”, interpretate da Francesca Lollobrigida. L’artista ha utilizzato, in maniera interessante, anche un hula hop per simboleggiare lo spazio dove Urbana è costretta, oltre a un blister di medicinali vuoto per la quarta lettura.

In “Camminare nello Spazio” si è parlato della fisicità di Urbana, che non ha mai avuto un punto di riferimento e uno a cui appoggiarsi. Non ha mai concepito uno spazio in cui vedersi in senso virtuale: si è sempre trovata in una dimensione non propria, imposta dagli altri e non dalla propria personalità. Per Urbana, gli operatori della salute mentale erano “una massa di delinquenti”.

La rappresentazione dei testi è molto toccante.

Il quarto testo parla dei medicinali. La vita non può essere stata rinchiusa in una cartella clinica, nonostante i disagi e le medicine, sempre le stesse per ogni difficoltà. Il “biologismo” del testo si è espresso nella cosiddetta “omologazione medica o psichiatrica”. Non c’è stato spazio, purtroppo, per la visione culturale ed umana. Si sono descritti anche l’elettroshock e la contenzione fisica come metodi di dominazione sul paziente.

Le medicine, secondo Urbana, rendevano la persona come un automa senza personalità.

Il linguaggio è irrotto nella storia: in questo modo, il lettore è stato attratto dal testo. Si è trattata di una storia d’amore del protagonista verso Urbana: durante la lettura, si sono descritti tutti i gesti e i sentimenti di lui verso la donna. Urbana non è stata una malata di mente, in linea di massima ha sofferto di depressione. Si è trovata similmente nella condizione dei poveri, internati ma non per colpa loro. C’è stato il riferimento al murales a S. Lorenzo inerente a Basaglia, con la frase “come nell’uomo esiste la ragione, esiste anche la follia”.

“Amore tossico, per quello non c’è cura”: la base culturale su cui si fonda il libro

La base culturale del testo dell’autrice è stata quella di un amore tossico; il libro alla base del background culturale del testo protagonista della presentazione è considerato “Fosca” di Tarchetti, dove un uomo bello si innamora di una donna “brutta” e lascia tutto per lei. Il protagonista vorrebbe essere come la donna che ama, la ammira a tal punto.

Problematicità ed emigrazione: come la storia di Urbana si intreccia con quella di chi racconta

L’attrice Giovanna Castorina ha interpretato, infine, l’ultima lettura intitolata “Io ho chiuso con le donne”. Urbana faceva parte del filone migratorio degli anni Sessanta, non era originaria di Roma.

Il tema della problematicità è stato reso in maniera più tenera ma non meno reale. Urbana e il protagonista possono essere stati intesi, in linea di massima, come “due disastri che si incontrano” perché nessuno dei due poteva dare all’altro niente. L’incontrare donne ciniche e arriviste ha causato nel protagonista un blocco, almeno finché non ha incontrato Urbana.

Il libro è stato dedicato agli “invisibili”, quelli che ci sono ma non vediamo.