#stopalpanico. La salute psicologica: facciamo il punto con il Direttore Massimo Cozza

#stopalpanico. La salute psicologica: facciamo il punto con il Direttore Massimo Cozza

Questo mese il canale “Stop al panico” dedica una corposa intervista al direttore del Dipartimento di Salute Mentale Asl ROMA 2, Massimo Cozza. L’argomento è naturalmente la salute mentale investita di alcune importanti declinazioni semantiche. Le questioni sono tante e ruotano tutte attorno al tema. Tra queste la relazione tra salute mentale e psicofarmaci, nei cui confronti ci sarebbe una certa diffidenza nell’assunzione soprattutto da parte dei più giovani.

Seguendo la linea cronologica tracciata dal direttore, si fa poi un vago riferimento storico e contenutistico ai condizionamenti di tipo socioeconomico e culturale che la pandemia e la guerra in Ucraina hanno esercitato sul profilo psicologico (e del benessere) dei giovani adulti.

La garanzia del sistema psichiatrico, dice Cozza, è fondamentale ed è importante che questo si articoli sul territorio capillarmente. E’ anche significativo che questo sistema si relazioni con gli psicologi e che comunichi con questa classe di professionisti. Al fine di una probabile e proficua integrazione tra queste due categorie bisognerebbe passare ad una valorizzazione delle strutture pubbliche, come le scuole e i consultori.

Bisogna stare attenti però a non ridurre tutto ciò che appare diverso, che esula dalla norma, pertanto inadeguato, a fenomeno psichiatrico. Non tutto è malattia o disturbo, o comunque inteso come qualcosa di storto che va raddrizzato, allontanato dalla devianza. La valutazione psichiatrica primaria va sempre considerata come passaggio propedeutico all’impegno del medico di prendere in carico il paziente.

Un altro punto focale, affrontato nell’intervista, è lo smantellamento del falso mito per cui il “caso” psichiatrico non è idoneo a lavorare; questo assioma, dell’incongruità e dell’improduttività della persona con sofferenza psichica, si collega automaticamente ad un altro che è quello dell’inguaribilità e sembra avere toni assolutistici.

Rimane, tuttavia, miti a parte, una paura profonda da parte di chi soffre più degli altri e che è più vulnerabile agli eventi della vita: il timore di esprimersi, di esporsi, di essere se stessi. La condizione di subalternità è già intrinseca ai rapporti di forza del sistema stesso.

L’intervistato pone l’accento inoltre su una cosa che rivela un certo realismo, ma anche una scarsa verosimiglianza al contempo. Si tratta della equiparazione, di tipo positivistico organicista, tra male fisico e male psichico. Una comparazione dai toni deterministici che sembra, francamente, un ritorno al passato, cioè un anacronismo. Meglio indagare e dirimere, altrimenti si rischia di fare confusione.

Conclusioni

Si rende necessario al pensiero attuale non sussumere più il desiderio con i suoi umori alla legge oggettiva del sistema societario. Siamo tutti sulla stessa altalena. La medietà è un concetto inventato dalla società legiferante e non tutto è quantificabile, cioè facilmente misurabile.

Si rischia, dunque, immersi in questo parallelismo tra male psichico e male fisico, di perdere il focus e di parlare di malattia mentale, anziché di malessere psicologico.

Del resto, le parole sono importanti, come diceva Nanni Moretti.

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