Counseling e Psicologia. I confini e le sovrapposizioni tra le due professioni delle relazioni di aiuto

Counseling e Psicologia. I confini e le sovrapposizioni tra le due professioni delle relazioni di aiuto

Avete mai sentito parlare di Counseling?

Quella del counselor è una professione relativamente giovane in Italia e si definisce come un “vero e proprio professionista delle relazioni di aiuto”, che supporta le persone nell’affrontare momenti complessi e temporanei, aiutandole a sviluppare consapevolezza e a gestire emozioni e difficoltà personali. Il counselor opera in numerosi ambiti: dall’istruzione al mondo aziendale, fino al sociale.

Procediamo però con ordine:
AssoCounseling, associazione di riferimento per la categoria, descrive il counseling come “un’attività il cui obiettivo è il miglioramento della qualità di vita del cliente, sostenendo i suoi punti di forza e le sue capacità di autodeterminazione. Il counseling offre uno spazio di ascolto e di riflessione, nel quale esplorare difficoltà relative a processi evolutivi, fasi di transizione e stati di crisi e rinforzare capacità di scelta o di cambiamento.”

Il counselor dovrebbe quindi essere un professionista preparato a sostenere le persone nel superare ostacoli e nel migliorare il proprio benessere emotivo e psicologico.
Il suo compito principale è offrire supporto emozionale, ascoltare attivamente e dare gli strumenti per gestire meglio le proprie emozioni.
Per svolgere efficacemente questa attività, il counselor deve possedere una serie di competenze chiave, tra cui:

  • saper individuare le esigenze e le motivazioni del cliente;
  • spiegare chiaramente i servizi disponibili;
  • aiutare la persona a riconoscere e utilizzare le proprie risorse interiori, favorendo l’autonomia;
  • fissare obiettivi specifici e stabilire un piano d’azione per raggiungerli;
  • incentivare l’autosufficienza del cliente;
  • riconoscere i casi che esulano dal proprio ambito e indirizzare verso professionisti competenti.

Il counseling può essere esercitato in contesti molto diversi come:

  • strutture sanitarie e cliniche;
  • istituti scolastici;
  • associazioni e organizzazioni non profit;
  • aziende private.

Counselor e psicologi: sono la stessa cosa?

La distinzione tra queste due figure professionali è spesso stata, ed è tutt’ora, oggetto di discussione. La comunità scientifica, infatti, non ha ancora raggiunto una visione univoca su questo tema, nemmeno sul nome da attribuire a questa professione (è counselor con una l, o counsellor con due?).
Secondo alcuni, il counselor si occuperebbe esclusivamente di aiutare nel qui e ora, mentre lo psicologo andrebbe a indagare le radici profonde del disagio. Ma questa distinzione è fin troppo semplicistica: chiunque abbia vissuto un momento di crisi sa che il superamento, così come la gestione, dello stesso richiede sia il mobilitare risorse immediate, sia il comprendere — a vari livelli — le cause che lo hanno generato. È quindi un percorso che alterna interventi pratici e momenti di introspezione.

Lo psicologo svolge la consulenza psicologica, che consiste nell’accompagnare le persone nell’affrontare problematiche personali, relazionali, di sviluppo e professionali che possono emergere lungo la vita.

Tuttavia, oltre a questa attività, lo psicologo possiede competenze esclusive che il counselor non può esercitare, come somministrare test psicodiagnostici, redigere certificazioni cliniche, stendere relazioni ufficiali o effettuare perizie psicologiche.
Se escludiamo però queste pratiche riservate, le attività di counseling e consulenza psicologica presentano forti analogie: entrambe si rivolgono a chi vive situazioni di disagio e puntano a migliorare il benessere della persona.

Il problema della normativa in Italia

A differenza di quanto avviene negli Stati Uniti, dove il percorso formativo del counselor è ben regolamentato, in Italia non esiste un albo professionale né una legge che disciplini in modo chiaro questa figura.

In teoria, ma anche in pratica, sarebbe auspicabile (per non dire necessario) avere un percorso di studi universitario in psicologia e successivamente frequentare corsi di specializzazione o master specifici sul counseling offerti da enti riconosciuti.

Per anni, però, il counseling in Italia ha operato in un vuoto normativo, fino all’intervento del Ministero della Salute nel 2019:

“[…] il progetto di norma UNI n.1605227 pone la figura del Counselor non psicologo in palese sovrapposizione con quelle dello psicologo, dello psicologo psicoterapeuta, del dottore in tecniche psicologiche, del medico, del medico psichiatra, del medico psicoterapeuta, in analogia con il precedente progetto UNI 08000070 sul “Counseling relazionale”, la cui adozione venne già sospesa da codesto Ufficio. Il CNOP – Consiglio Nazionale dell’Ordine degli Psicologi […] ha espresso la sua posizione di contrarietà al citato progetto di norma Uni 1605227 sul Counselor, in quanto, a parere dello stesso, le attività ivi attribuite al counseling «come più volte segnalato rientrano a pieno titolo tra le attività tipiche della professione di psicologo.» Inoltre, il CNOP con la medesima delibera ha individuato il counseling tra le attività che non possono essere riconosciute ad una professione non regolamentata.”

Ora, due definizioni:
“La professione di psicologo comprende l’uso degli strumenti conoscitivi di intervento per la prevenzione, la diagnosi, le attività di abilitazione-riabilitazione e di sostegno psicologico rivolte alla persona, al gruppo, agli organismi sociali e alle comunità. Comprende altresì le attività di sperimentazione, ricerca e didattica in tale ambito.” (CNOP)

“Il counselor è la figura professionale che è in grado di favorire la soluzione di disagi esistenziali di origine psichica che non comportino tuttavia una ristrutturazione profonda della personalità. L’intervento di counseling può essere definito come la possibilità di offrire un orientamento o un sostegno a singoli individui o a gruppi, favorendo lo sviluppo e l’utilizzazione delle potenzialità del cliente.” (S.I.Co Società Italiana Counseling)

Non sembrano fin troppo simili? O meglio, addirittura sovrapponibili?

“Si sottolinea come il “counseling” sia un neologismo il cui esatto significato è oscuro all’utente” e che “tale fenomeno ha un elevato rischio di ingenerare confusione nell’utenza: il cittadino rischia di rivolgersi a soggetti non solo scarsamente qualificati rispetto allo psicologo, ma anche esenti dagli obblighi che questi è tenuto a rispettare al fine di tutelare l’utenza.”
L’attività di counseling è da considerare di competenza dello Psicologo e, pertanto, nel caso sia svolta da altri soggetti che non siano iscritti all’Albo degli psicologi si configura come esercizio abusivo della professione di Psicologo (Art. 348 c.p.).
(Il fenomeno Counseling, CNOP)

In conclusione
In Italia il counseling è considerato una tecnica che rientra nell’ambito delle attività psicologiche e, di conseguenza, può essere praticato soltanto da chi è iscritto all’albo professionale degli psicologi.
Tuttavia, spesso chi si presenta come counselor non ha una laurea in psicologia, ma proviene da percorsi di studio differenti o possiede solo il diploma di scuola superiore.
Non esistendo una normativa chiara e uniforme, i corsi di counseling possono avere durata, contenuti e impostazioni molto differenti: da programmi di pochi giorni a percorsi pluriennali, con specializzazioni che spaziano dal counseling filosofico a quello sanitario, artistico, alimentare e altro ancora.

Diverso è il caso in cui uno psicologo abilitato decida di approfondire il counseling attraverso un master, rispettando comunque gli articoli 8 e 21 del Codice Deontologico degli Psicologi, che vietano l’insegnamento di strumenti psicologici a chi non ha l’abilitazione.

In assenza di tali regole, chiunque potrebbe definirsi counselor in qualsiasi momento. E infatti…

Link utili:

L’Orientamento

La cultura del counseling