Personale sanitario sempre più sotto pressione. Troppi tagli per la Salute Mentale

Personale sanitario sempre più sotto pressione. Troppi tagli per la Salute Mentale

Da Nord a Sud l’Italia ha dimostrato la sua sensibilità di fronte al caso della psichiatra Barbara Capovani di Pisa, vittima dell’aggressione di una persona che era stata ricoverata in passato presso il Servizio Psichiatrico di Diagnosi e Cura da lei diretto.

Le ipotesi su come si poteva evitare l’episodio sono diverse; ma, pur nella diversità delle metodiche invocate,  un dato si staglia indiscutibilmente: i fondi per la Salute Mentale sono sempre più esigui; e, come sottolinea il Direttore del DSM Asl Roma2  Massimo Cozza in una intervista a RaiNews24 si assiste ad una crescente criticità per l’insufficienza dei servizi istituiti dopo la chiusura degli OPG: quelle REMS che non possono accogliere tutti quanti e quella medicina carceraria che ancora stenta ad uscire da una condizione critica.  Si è passato dal bianco al nero in modo fulmineo, senza  progressività di passaggio.

“Dopo la chiusura degli OPG sono quasi quadruplicate le persone che sono state giudicate non imputabili pur non essendoci alcun cambiamento epidemiologico dal punto di vista psichiatrico”, afferma Massimo Cozza.

Il problema della sicurezza dei medici e degli operatori sanitari, in qualsiasi ambito, è un argomento molto spinoso e vasto. Quando e come e perché si definisce aggressivo un paziente? Quanto e come si può misurare la pericolosità di una persona? E soprattutto perché le società, nel corso dei secoli, tende ad emarginare le persone affette da malattie stigmatizzate come incurabili?

Ancora  Massimo Cozza, in un’altra intervista rilasciata a RaiNews24,  a proposito della condotta criminosa di un soggetto incapace di intendere e di volere per infermità mentale afferma che c’è, ad oggi, un grande vuoto legislativo. La Corte Costituzionale ha sollecitato numerose volte il legislatore a provvedere ma è rimasta inascoltata. Infatti, soprattutto gli articoli 88 e 89 del codice penale andrebbero modificati in maniera più incisiva per il reo.

Secondo l’articolo 88: <<Non è imputabile chi, nel momento in cui ha commesso il fatto, era, per infermità, in tale stato di mente da escludere la capacità di intendere e di volere>>. Secondo l’articolo 89: <<Chi, nel momento in cui ha commesso il fatto, era, per infermità, in tale stato di mente da scemare grandemente, senza escluderla, la capacità d’intendere o di volere, risponde del reato commesso; ma la pena è diminuita.>>.

Mentre nel vizio totale di mente l’infermità è tale da escludere completamente la capacità di intendere e di volere, l’infermità parziale, invece, viene pacificamente considerata una circostanza attenuante, soggetta perciò al giudizio di bilanciamento con le aggravanti.

In questo modo sembra non esserci una pena adeguata per il soggetto perché, in entrambi i casi, o si dà un’attenuazione della pena, o la si esclude totalmente.

In questa necessità di chiarificazione, complice anche la chiusura degli OPG, che è sacrosanto che siano stati chiusi come riporta il Direttore, il folle reo oscilla tra gli arresti domiciliari, il ricovero in REMS e il ricovero piantonato in SPDC. Questa è una situazione che non può andare avanti, c’è bisogno di una legiferazione chiarificatrice con indicazioni e prescrizioni precise. È vero che negli OPG andavano un coacervo di persone per i motivi più disparati, anche per aver semplicemente dato un pugno ad un pubblico ufficiale: ma alla loro chiusura non è ancora corrisposto un sistema sufficiente al contrasto del problema.

Inoltre per tutti gli altri degenti psichici occorre incrementare il personale sanitario e le strutture adeguate.

Altro fattore delicatissimo è il pregiudizio infondato della paura dei cosiddetti “normali” nei confronti delle persone con problemi di disagio mentale.

I primi hanno sempre visto i secondi come un problema da arginare e contenere entro delle mura.

Il fatto di voler creare dei confini non è altro che un’illusione poiché tra medico e paziente dovrebbe esserci quel rapporto d’osmosi chiamato cura, e ciò vale per tutte le malattie inclusa quella psichiatrica. È chiaro e lapalissiano che ci siano casi in cui si deve intervenire con più decisione ed è altrettanto vero che tutte le persone con disturbo mentale non siano uguali.

Non si dovrebbero avere delle remore a parlare di tali argomenti per il timore di essere tacciati di pressapochismo.

Ma ci chiediamo allo stesso modo: è sempre necessario il bombardamento farmacologico a tutto campo ed indistinto? Assolutamente no perché i pazienti non sono tutti uguali e quindi propensi di compiere azioni violente. Ma tutte le persone con disagio sono violente? Questo è un altro pregiudizio da sfatare.

Certamente non si mette in dubbio l’efficacia del trattamento farmacologico ma va continuamente aggiornato al di là dei protocolli.

Come uscire dalla dialettica farmaci-cura, psichiatra-paziente, matto-normale? E quanto è difficile accettare la propria condizione di disagio?

Sentirsi malati ed essere malati sono due cose completamente differenti; accettare la condizione di “paziente psichiatrico” è una cosa molto difficile.

 

Per approfondimenti:

RaiNews Puntata del 06/05/2023 

Barbara Capovani: in migliaia per la fiaccolata in sua memoria a Roma