L’insidia forense della Cleptomania: tra reato e patologia

L’insidia forense della Cleptomania: tra reato e patologia

Cosa contraddistingue il presunto “Lupin” da un vero e proprio cleptomane?

Quale, dunque, il confine tra reato e patologia?

La questione è piuttosto spinosa, perché richiede la difficile distinzione che passa lungo quella linea talvolta invisibile tracciata dalla capacità di intendere e di volere.

Secondo il DSM V (Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali) la cleptomania rientra tra i disturbi da comportamento dirompente, del controllo degli impulsi e della condotta, in particolare è caratterizzata dalla tendenza a rubare compulsivamente senza una reale necessità di farlo,  collegata a problematiche della gestione dell’autocontrollo delle emozioni e dei comportamenti.

Si può dunque, escludere l’imputabilità a un ladro che dimostri di essere cleptomane e, perciò, incapace di intendere e di volere?

Secondo una sentenza di Cassazione, (n. 153/21 del 5.01.2021) la cleptomania può costituire una causa di incapacità di intendere e volere e, pertanto, salvare il ladro seriale. 

Quindi stando alla giustizia italiana, «il soggetto affetto da una malattia che provochi tale tendenza impulsiva può essere ritenuto infermo di mente ai sensi degli articoli 88 o 89 del Codice penale se la sua capacità di intendere e di volere ne risulti totalmente o parzialmente esclusa, all’esito della verifica causale strettamente correlata alle concrete circostanze del caso concreto».

Più precisamente per il Codice Penale, l’infermità è qualsiasi manifestazione patologica in grado di interferire sulla capacità di intendere e di volere. Si ha:

  •  vizio totale di mente: se l’infermità comporta la totale perdita delle capacità di intendere e volere;
  •  vizio parziale di mente: se l’infermità è parziale. Per aversi vizio di mente è sufficiente la parziale riduzione anche solo di una delle due funzioni.

Ma affinché la cleptomania possa essere considerata un vizio di mente è necessario che:

  • sia grave, tanto da inficiare la capacità di autodeterminazione del reo;
  • sia documentabile attraverso un certificato rilasciato dal medico.

La semplice pulsione, l’istinto di rubare, il capriccio, l’insoddisfazione per ciò che si ha, la compulsiva voglia di avere la roba altrui non può quindi essere considerata cleptomania e non esclude la responsabilità del ladro. 

Ebbene questa è materia dello specialista che tramite certificato medico può delineare il profilo della malattia, perché no anche di un imputato in un processo nel quale il giudice dovrà stare ben attento a scindere l’atto di un malato da uno che lo fa magari per senso di rivalsa.

L’idea di fare un viaggio nella mente di una persona con una patologia, potrà risultare ai più piuttosto romantica, ma essa è necessaria sia per quanto riguarda la verità processuale sia soprattutto per la salute del disagiato psichico.