Una scatola giapponese. Che contiene caramelle.
Ma non sono solo quelle. Ci sono i sogni, emozioni che ogni bimbo, durante l’infanzia, dovrebbe poter vivere. Ci sono i colori, quelli del mondo, un mondo migliore di quello che in effetti là fuori occhi innocenti si ritrovano a guardare.
Il film di animazione dello Studio Ghibli, La Tomba delle lucciole, uscito nel 1988 è questo, un piccolo gioiello di animazione giapponese che racconta la Seconda Guerra Mondiale dagli occhi innocenti di due orfani, fratello e sorella. La storia, tratta dall’omonimo romanzo, è fortemente ispirata alle esperienze dello scrittore Akiyuki Nosaka, che da piccolo ha vissuto il bombardamento della città di Kōbe (giugno 1945). Lì perse la vita la sua famiglia adottiva, e l’autore non si perdonò mai di non aver potuto proteggere la sua sorellina minore.
Una latta dunque. Sempre in primo piano.
Quella latta contenente semplici caramelle diviene ben presto qualcosa di molto di più, raccoglitore di tante emozioni, difficili, che due bambini sono obbligati a vivere nonostante il loro entusiasmo sembri quasi prevalere persino nei momenti peggiori. Raccoglie morte, sofferenza, disperazione, impotenza, sopraffazione, indignazione, smarrimento.
Fino a che quell’ultima caramella resta disponibile, emotivamente e mentalmente, qualche speranza resta ancora aperta. Qualche possibilità di rivalsa e di sopravvivenza sembra realizzabile. Fino a quando è possibile guardarsi intorno e vedere le lucciole libere di volare nel buio del cielo, quella piccola fiammella di speranza resta accesa.
La verità è che nessuno vuole provare ciò che il regista ti obbliga a provare, con una poetica però che ti ripoggia nella tranquillità della tua vita fuori dai pericoli e dalle bombe della guerra. Nessuno vuole fermarsi a prendersi seriamente carico del panorama emotivo che lo scenario della guerra porta, soprattutto per i bambini.
Invece tutti dovremmo prendere parte ad una realtà di cui abbiamo l’illusione di pensare che non ci riguardi. Ma tutto ciò che tocca l’umanità, in realtà, ci riguarda. Solo che non lo vogliamo accettare, preferiamo far finta di niente, guardare dall’altra parte, cambiare canale. Oppure no.
No, forse no, viste tutte le persone scese in piazza per dire basta alla guerra che sempre esiste e continua a riguardarci anche se non vogliamo.
È un film che va visto almeno una volta nella vita, che non parla della guerra glorificata che si vede troppo spesso nei film storici, ma della silenziosa denuncia degli innocenti che si ritrovano vittime senza colpa.
La difficoltà di Seita, il fratello maggiore, di schermare la sorellina Setsuko dagli orrori della guerra e il suo quasi incrollabile orgoglio portano i due fratelli a vivere la loro quotidianità in un apparente idillio, che si scontra duramente con la realtà che li circonda. La carenza di cibo, il rifiuto o l’impossibilità di chiedere aiuto e il Giappone dilaniato dalla fine della Guerra sono un’ombra opprimente che li segue ovunque si rifugiano.
Continuate a stare pure seduti nella tranquillità delle vostre case, ma fermatevi a guardare La Tomba delle Lucciole. Darete ancora più valore a ciò che avete.
Il poster “La Tomba delle lucciole” è di Andrea Palmitano @palmen_draws
