Ana Fron, una delle firme della testata L’Ancora, ha dedicato un articolo alla musicoterapia prendendo spunto dalla giornata conclusiva di RO.MENS 2025, nella Sala della Protomoteca in Campidoglio.
Martedì 7 ottobre, a Roma, il Festival RO.MENS ha acceso un faro su un problema che riguarda l’intero Paese: la salute mentale e lo stigma sociale. Sul palco sono intervenuti Silvia Castagna, manager della comunicazione, Massimo Cozza, direttore del Dipartimento di Salute Mentale ASL Roma 2, Francesco Amato e altre personalità del mondo politico, sanitario e mediatico. Quanto è emerso nella capitale interessa da vicino anche le comunità locali, dalla Diocesi di Ascoli Piceno fino a San Benedetto del Tronto, Ripatransone e Montalto.
Ma cosa si intende per salute mentale e quali possibilità concrete abbiamo per raggiungerla?
La salute mentale non è soltanto assenza di malattia. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), il benessere mentale è «uno stato di benessere nel quale ogni individuo realizza le proprie capacità, può affrontare le normali tensioni della vita, può lavorare in modo produttivo e fruttuoso e può contribuire alla propria comunità». In altre parole, non si tratta solo di curare disturbi, ma di promuovere condizioni che permettano alle persone di vivere pienamente e di mantenere relazioni sane, capacità di adattamento e partecipazione sociale.
Da una recente ricerca è emersa una proposta semplice e concreta: la musica come risorsa per il benessere. Non si tratta di evasione, ma di uno strumento che facilita l’incontro, favorisce l’empatia e crea contesti in cui le persone possono ascoltarsi. I dati della BVA Doxa sul rapporto tra musica e salute mentale mostrano come molti giovani percepiscano la musica come un aiuto reale per migliorare l’umore e ridurre la solitudine (BVA Doxa, 2024).
La musica unisce: nei cori parrocchiali, nei laboratori e nelle serate comunitarie si costruiscono relazioni che spesso rivelano fragilità nei loro primi segnali. Quel primo ascolto informale può diventare il ponte verso un percorso terapeutico, soprattutto dove i servizi sanitari sono sotto pressione o lo stigma frena la richiesta di cura.
Per i giovani, in particolare, la musica ha effetti concreti. Ascoltare e praticare musica favorisce la regolazione emotiva, offre strumenti per esprimere stati d’animo difficili e crea occasioni di socialità che contrastano l’isolamento. Molti ragazzi trovano nei testi e nella condivisione musicale un linguaggio per riconoscere e comunicare le proprie emozioni; suonare o cantare insieme rafforza il senso di appartenenza e aiuta a costruire reti di sostegno informali ma importanti. Questi aspetti non sostituiscono la cura medica quando necessaria, ma possono integrare percorsi di prevenzione e recupero, rendendo più facile il passo verso i servizi specialistici.
Non tutto però funziona come dovrebbe. Le risorse pubbliche per la salute mentale sono spesso scarse, il personale è sotto organico e le liste d’attesa possono essere lunghe. A questo si aggiungono disomogeneità nei servizi tra distretti e difficoltà pratiche: costi, spostamenti, mancanza di informazioni che allontanano molte persone dalla cura.
Nel territorio delle province di Ascoli Piceno e Fermo, i Centri di Salute Mentale, i Consultori familiari e gli ospedali con pronto soccorso sono i punti di riferimento per interventi clinici e percorsi di riabilitazione. Accanto a questi servizi, parrocchie, Caritas, cooperative e associazioni locali svolgono un ruolo fondamentale: offrono ascolto, orientamento e iniziative culturali che riducono l’isolamento e facilitano l’accesso alle cure.
Il messaggio che arriva da Roma è netto: la malattia mentale è curabile, sempre più spesso; chiedere aiuto è un atto di responsabilità, non un segno di debolezza. Per sostenere chi è in difficoltà servono investimenti nei servizi sanitari e, insieme, la valorizzazione dei luoghi di comunità dove la musica e l’incontro umano svolgono il primo, prezioso lavoro di cura. Un coro, un laboratorio musicale o una serata condivisa possono sembrare gesti piccoli; spesso sono l’inizio di un percorso di recupero.
La scuola ha un ruolo decisivo in questo percorso. Informare i ragazzi su come costruire il proprio benessere psicofisico significa dar loro strumenti pratici: educazione al sonno, gestione dello stress, consapevolezza emotiva e pratiche per mantenere relazioni sane. A livello concreto, aumentare le ore dedicate all’educazione fisica e alla musica può favorire salute e partecipazione: il corpo in movimento e l’esperienza collettiva della musica allenano competenze emotive e sociali. È importante anche promuovere ambienti scolastici in cui i giovani si sentano incoraggiati a parlare delle proprie difficoltà e a chiedere aiuto tempestivamente, spiegando con chiarezza che i disagi e molte malattie mentali sono curabili. Dare ai ragazzi queste conoscenze e un linguaggio per esprimersi è un investimento sulla prevenzione e sul futuro della comunità.
A chi opera sul territorio – amministrazioni locali, servizi sanitari, responsabili delle parrocchie e delle associazioni – spetta promuovere un’informazione corretta e sostenere progetti che mettano insieme cultura e salute.
La frase attribuita a Franco Basaglia, “da vicino nessuno è normale”, invita a guardare con umanità e senza etichette chi vive una sofferenza. Sul nostro territorio, come nel resto d’Italia, musica e ascolto possono trasformarsi in strumenti concreti per abbattere lo stigma e accompagnare le persone verso la cura.
L’articolo è stato pubblicato su L’Ancora.