La modifica dell’articolo 38 della Costituzione Italiana per un nuovo spiraglio di uguaglianza

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“Ogni cittadino inabile al lavoro e sprovvisto dei mezzi necessari per vivere ha diritto al mantenimento e all’assistenza sociale. 
I lavoratori hanno diritto che siano preveduti ed assicurati mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di infortunio, malattia, invalidità e vecchiaia, disoccupazione involontaria.
Gli inabili ed i minorati hanno diritto all’educazione e all’avviamento professionale.
Ai compiti previsti in questo articolo provvedono organi ed istituti predisposti o integrati dallo Stato.
L’assistenza privata è libera.”

Questo è l’articolo 38 della Costituzione italiana, riguardante le persone disabili e i loro diritti. Proprio per quanto riguarda loro, è in atto una discussione critica della Treccani, sulla base della proposta di eliminare il termine “minorato” per definirle, a cura della docente di diritto costituzionale presso la Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa Elena Vivaldi.

Si tratta prettamente di una questione di forma e non di sostanza, a causa del terzo comma del suddetto articolo. Per quanto sia adatto allo spirito del periodo in cui la Costituzione è stata scritta, ora si pone come controverso secondo la Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità.

Unendo il concetto di linguaggio con quelli espressi dall’articolo 3 della Costituzione stessa, la ministra per le Disabilità Alessandra Locatelli esprime il suo assenso per il giusto percorso intrapreso già a partire dal decreto 62/2024, riguardante la sostituzione dei termini “portatore di handicap”/”persona diversamente abile” con quello di “persona con disabilità”. Il tutto si rifà a un concetto di uguaglianza molte volte dimenticato, come nel caso molto attuale del presidente argentino Milei che ha permesso di nuovo l’utilizzo dei termini “idiota”/”ritardato mentale” e altri ancora nei documenti ufficiali per definire le persone disabili.

Il termine “minorato”, quindi, si pone come superato e non più accettabile nel linguaggio odierno. Sulla stessa linea il presidente emerito della Corte costituzionale e due volte presidente del Consiglio Giuliano Amato, che definisce la Carta Costituzionale come “al passo con i tempi” ma con la necessità di eliminare termini offensivi come quello citato poc’anzi.

Per eliminare definitivamente questa parola dal linguaggio e dai documenti ufficiali, si dovrà ricorrere alla cosiddetta “procedura aggravata” (art. 138) secondo la quale, dopo due deliberazioni delle Camere andate a buon fine a tre mesi una dall’altra, si potrà procedere alla modifica; altrimenti si dovrà ricorrere alla procedura del referendum popolare.

In sintesi, questa probabile riforma dell’articolo 38 della Costituzione potrebbe davvero essere uno spiraglio di uguaglianza tra chi ha una qualsiasi forma di disabilità e chi no, almeno a livello normativo e linguistico.

 

Per approfondimenti:

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adnkronos

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