La depressione è solo il risultato di uno squilibrio biochimico del cervello?

La depressione è solo il risultato di uno squilibrio biochimico del cervello?

I Disturbi Depressivi sono caratterizzati dalla presenza di un umore depresso per la maggior parte della giornata, tanto grave e persistente da interferire con il normale funzionamento della persona, con riduzione di interesse e piacere per le attività e presenza di sentimenti di bassa autostima e sensi di colpa.

Le cause multifattoriali della depressione hanno sempre incluso l’insieme dei fattori bio-psico-sociali. Vi è quindi la concomitanza presenza di più elementi, che su una base di vulnerabilità personale ed ereditaria, che predispongono o meno, la persona ad un’inclinazione e/o proprio sviluppo di una depressione.

Da un punto di vista neuropsicologico le aree principalmente coinvolte nella depressione sono 
le aree prefrontale, il cingolo anteriore e il sistema limbico, collegati da una serie di circuiti a essi correlati (Beevers, 2005).

Inoltre, l’insorgere della depressione è stata da sempre correlata alla precisa azione di alcuni neurotrasmettitori (Korb, 2015), evidenziando come la depressione sia determinata da bassi livelli di noradrenalina, serotonina o dopamina.

Ma la depressione è davvero il prodotto della biochimica del cervello e dei livelli di serotonina?

A smentire tale affermazione oggi è una “systematic umbrella review” delle evidenze, di cui ne dà notizia il Davide Lazzari, Presidente Consiglio Nazionale Ordine degli Psicolgi.

Si tratterebbe di un’analisi di studi internazionali coordinata da Joanna Moncrieff e Mark Horowitz che dimostrerebbero, dati alla mano, come  “la ricerca non supporta l’ipotesi che la depressione è causata da bassi livelli di serotonina”.

Alcuni risultati sono addirittura paradossali: l’attività serotoninergica risulta superiore nei soggetti depressi. Ci sono studi che hanno valutato nel tempo una riduzione dei livelli di s. prodotti artificialmente in soggetti volontari non trovando nessun effetto depressivo.

Queste evidenze scientifiche in controtendenza con la letteratura finora prodotta, aprono sicuramente una riflessione importante e da non sottovalutare: l’idea cioè che pensare alla depressione preferenzialmente come ‘un prodotto della biochimica del cervello’ abbia nel tempo, e per lungo tempo, generato l’esclusivo bisogno (o meglio sarebbe dire abuso) del farmaco per ristabilire gli squilibri serotoninergici; e non solo, con conseguente atteggiamento pessimistico e fatalistico nelle persone rispetto al problema.

 

Cia auguriamo che, ulteriori studi, approfondiscano tale tema, per offrire a chi soffre di disturbi depressivi e ai loro familiari, delle risorse diversificate ai loro bisogni.