Il Re Leone lo conosciamo tutti (pensiamo), quindi non vogliamo perdere tempo per scrivere la trama. Questo non toglie che potrebbe esserci qualche spoiler, ma raccomandiamo vivacemente la visione a chi non l’avesse visto. Parliamo comunque di un’opera di formazione del personaggio, con protagonista principale Simba, il figlio del Re Mufasa, il quale attraverso varie peripezie si troverà ad affrontare le asperità della vita.
Vari sono i rimandi a cui possiamo agganciarci. Uno di questi è la scoperta dell’ignoto, quelle che per l’uomo erano le famose colonne d’Ercole (lo stretto di Gibilterra, per intenderci) oltre le quali non si osava andare. Il richiamo del film in questo caso è forte: “Tutto ciò che è illuminato dal sole” è di proprietà del Re, e un giorno sarà anche di Simba, mentre i posti all’ombra sono “al di là dei confini”, come il cimitero degli elefanti, un territorio proibito presenziato dalle iene. Ed è proprio in una trappola tesagli dal malefico, astuto e subdolo zio Scar che qui il cucciolo perderà quasi tutto quello che aveva, dal padre Mufasa al territorio (la terra del Branco), ritrovandosi nella sua età acerba a dover affrontare il mondo senza l’aiuto di suo padre.
“Il giorno poi le ombre risolverà, spalancherà la via”
Simba, oltre a dover portare sulle sue spalle il fardello del lutto, si sente colpevole della morte di Mufasa a causa delle parole dettegli da Scar. Esso infatti gli fa credere che proprio per salvarlo il padre sia morto, omettendo il fatto che proprio lui (Scar) sia stato ad ucciderlo. Il peso della colpa della morte del padre lo costringe a scappare, ed è proprio lì che inizierà un’altra fase della sua vita, al fianco del suricato Timon e del facocero Pumba che vivono spensierati in uno spazio florido ma privo degli animali di cui si nutrono i leoni, al motto di Hakuna Matata (senza pensieri).
Con loro Simba crescerà e vivrà il loro rapporto come una sorta di “seconda famiglia”, quella degli amici che ti scegli. In questa sorta di dimensione dorata, scevra da ogni preoccupazione e sentimenti di perdita che non scompaiono ma sono sedimentati ammansiti dal crogiolarsi in questo ambiente silvano, incombe per puro caso Nala, la leonessa compagna d’infanzia di Simba, che nel frattempo è diventato adulto. Essa rappresenta il primo passo per riportare Simba alla terra del Branco, ormai portato allo stremo dal regno di Scar.
“Simba…Simba mi hai dimenticato? Hai dimenticato chi sei e così hai dimenticato anche me…Guarda dentro te stesso Simba, tu sei molto di più di quello che sei diventato e devi prendere il tuo posto nel cerchio della vita… ricordati chi sei, tu sei mio figlio e l’unico vero re… ricordati chi sei!”
Quando le vecchie ombre del passato iniziano a rifarsi vive, Mufasa appare al figlio dicendo: “Ricordati chi sei”. Simba già covava in sé vari pensieri, ma l’intervento di Rafiki (un babbuino che ha la figura di una specie di sciamano) è stato quello decisivo per prendersi le proprie responsabilità nonostante il diniego iniziale: tornare nella sua terra e salvare il suo popolo. Questo sancisce il ritorno non solo allo spazio fisico di appartenenza ma anche alla riappropriazione di una dimensione interna che ripassando dal dolore lo affronta e, rielaborandolo, lo vince. Qui si evidenzia il tema del ritorno, del nostos, e come nell’Odissea Ulisse sconfigge i Proci usurpatori che assediano la sua casa ad Itaca, Simba deve scacciare le iene ed il loro capo, il leone Scar.
Dopo il combattimento finale tra Simba e Scar, dove il primo riesce a spodestare quest’ultimo, Simba formerà una nuova famiglia con Nala: come in un corrispettivo con la scena iniziale sulla Rupe dei Re, assistiamo al benvenuto alla loro figlia e al giubilio di tutti gli animali che popolano quel territorio.
“Hakuna Matata, ma che dolce poesia!
Hakuna Matata, tutta frenesia!
Senza pensieri la tua vita sarà
Chi vorrà vivrà in libertà
Hakuna Matata!”