È ormai cosa nota che il perenne tentativo di compiacere gli altri è un comportamento sbagliato, se non addirittura pericoloso nella vita emotiva dell’individuo. Se portato all’estremo, infatti, ciò può significare un’ansia e un’angoscia incontrollata, e nei casi più estremi una perdita totale della propria identità, dei propri bisogni e dei propri desideri. Ma che fare se questo comportamento ci è stato insegnato, imposto sin dall’infanzia, magari proprio da chi avrebbe dovuto accettarci e amarci incondizionatamente?
Casi portati alle estreme conseguenze, e storie ormai di dominio pubblico, sono le vicende di Maila Micheli e Gypsy Rose Blanchard, profondamente diverse in tutto tranne che nelle responsabilità di chi invece doveva proteggerle.
Il caso di Maila Micheli è stato reso pubblico da poco da Elisa De Marco, nota ai più come Elisa Truecrime, che ne ha parlato in un recente video sul proprio canale YouTube; Maila all’epoca dei fatti era minorenne, e per questo motivo la sua storia era sconosciuta. La ragazza ha raccontato di come sua madre, con l’aiuto di tecniche manipolatorie, come il silenzio punitivo, ma anche di violenza fisica, l’abbia costretta per tutta la sua prima adolescenza a prostituirsi, contro il suo volere, pur sapendo bene che la figlia non fosse d’accordo. Per quanto lei sia poi riuscita a riconquistare la sua libertà, non ha mai ottenuto nessun tipo di risarcimento, né monetario né emotivo. Maila tuttora ha difficoltà ad accettare e interiorizzare questo enorme trauma, e per lungo tempo è stata vittima di relazioni abusive, proprio perché non le è mai stato insegnato come essere amata nel modo giusto, sano.
La storia di Gypsy Rose, invece, è diversa in molti punti tranne che per il suo carnefice: la ragazza infatti è stata tenuta prigioniera da sua madre Dee Dee che, oltre agli abusi fisici e psicologici, per i primi 23 anni della sua vita le ha causato gravi problemi di salute tramite la somministrazione di grandi quantità di farmaci non necessari (la figlia era in perfetta salute), fingendo che avesse malattie gravi come, tra le tante, la leucemia e la distrofia muscolare. La ragazza nella prima adolescenza iniziò a intuire di non essere malata come sosteneva la madre, e provò numerose volte a fuggire o a pregare di lasciarla libera, senza però, purtroppo, alcun miglioramento né tantomeno risultato. Questa situazione tossica, e anche terrificante, culminò nel giugno del 2015, quando persuase il suo ragazzo, conosciuto di nascosto online, ad aiutarla ad uccidere la madre.
Il caso di Gypsy è esemplare della sindrome di Munchausen per procura (ora denominato sul DSM-5 “Disturbo fittizio imposto su un’altra persona“): mentre quella originale è più semplicemente un disturbo fittizio imposto su se stessi, quella subita dalla ragazza è invece caratterizzata dalla falsificazione o produzione di sintomi di un determinato disturbo, fisico o psicologico che sia, imposto da qualcun altro, solitamente dal suo caregiver, con l’obiettivo di ottenere attenzioni o anche aiuti economici. La cosa più spaventosa di questa condizione è il fatto che la vittima non è in grado in nessun modo di difendersi o salvarsi, sia per le manipolazioni a cui sottoposta, sia anche perché l’imposizione dei farmaci è talmente importante da invalidarla fisicamente, ed è ridotta di fatto a una pedina all’interno del processo di manipolazione di qualcun altro.
In entrambi i casi citati salta all’occhio un punto principale: sia Gypsy che Maila sono state vittime delle loro stesse madri, che le hanno deliberatamente utilizzate per i loro scopi, economici in entrambi casi, ma anche per ricevere attenzioni e cure, nel caso di Dee Dee. Fondamentale è la comprensione del fatto che il rapporto costruito durante l’infanzia con i genitori andrà poi a influenzare profondamente e drasticamente sia la percezione che costruiremo di noi stessi, sia il tipo di relazioni interpersonali che andremo a ricercare, e il tipo di amore che ci sembrerà giusto ricevere. “Accettiamo l’amore che pensiamo di meritare” disse qualcuno.
Entrambe le storie colpiscono perché dimostrano in modo schiacciante che i figli provano un amore incondizionato nei confronti dei propri genitori, e questo sentimento si riflette anche nei loro comportamenti, nel loro desiderio di fare qualunque cosa per compiacerli e renderli orgogliosi. Ciò può però sfociare in un annullamento dell’identità, che può per esempio portare poi a una depressione nel momento in cui, più avanti negli anni, ci si rende conto di aver vissuto una vita per soddisfare gli altri ma anche, parlando di questi due casi, nel rendersi disponibili a fare cose dannose e deleterie per loro stesse, pericolose per la salute fisica (Gypsy) e mentale (Maila).
Questi due esempi sono perfettamente rappresentativi, anche se alle estremità, di tradimenti da parte di persone che più di tutti dovrebbero proteggerci: i genitori. Proprio grazie, o a causa, del grande potere e della grande influenza che hanno su di noi, in molti, chi intenzionalmente e chi non, lo utilizzano impropriamente, e spesso finiscono per causare danno ai propri figli.
Nel caso di queste due ragazze, purtroppo, la manipolazione è stata costante, anche grazie al fatto che, com’è normale in quell’età, volessero disperatamente compiacere le persone intorno a loro, cercando compiacenza per sentirsi apprezzate come persone nella loro interezza. Desiderio di compiacere e manipolazione vanno infatti a braccetto: senza l’altro è come se non esistessero, ne hanno bisogno per sopravvivere.
Così come anche la violenza, sia fisica che mentale: quest’ultima è esemplificata benissimo dal caso di Maila, la cui madre, nel momento in cui la figlia non le obbediva ciecamente, entrava in quello che viene chiamato “silenzio punitivo”. Che sia fatto intenzionalmente con uno scopo o meno, questa è una tecnica manipolatoria diffusissima ma anche altamente dannosa: Maila stessa, quando ne parla, riferisce che quando accadevano episodi del genere, in cui sua madre la ignorava anche per settimane, lei si sentiva annullata, cancellata, facendo radicare in sé la consapevolezza che nel momento in cui non accontentava chi aveva di fronte, lei non esisteva più.
Per concludere, i casi di Gypsy Rose e Maila fanno emergere punti fondamentali rispetto al ruolo della manipolazione genitoriale all’interno del nucleo e delle dinamiche familiari. Quando la salute psicofisica, ma anche le scelte e l’identità dell’individuo vengono negate, distorte e ignorate proprio da coloro che più di tutti avrebbero il compito di proteggerci, ne escono risultati devastanti. E la conoscenza su queste cose diviene se possibile ancora più importante in un’epoca come questa, in cui alla salute psicologica viene finalmente data l’importanza che merita, e a partire da quest’ultima diffondere informazioni e consapevolezza, in modo da poter prevenire invece che curare.