Femminicidio. I volti del male. Attenzione a non confondere la cattiveria con il disagio psichico

Femminicidio. I volti del male. Attenzione a non confondere la cattiveria con il disagio psichico

Il 25 novembre è stata la giornata internazionale contro la violenza sulle donne.

Siamo rimasti tutti scossi dalle ultime notizie di cronaca nera che hanno riguardato donne uccise dai propri compagni o ex fidanzati: a partire da ciò si potrebbe porre uno spunto di riflessione che dovrebbe spingere tutti a pensare come migliorare questa società di stampo patriarcale che ha fatto più danni che altro.

In occasione di questa giornata, il Direttore del Dipartimento Salute Mentale Asl Roma2, Massimo Cozza, è stato intervistato da Felicia Pelagalli, Consulente per la comunicazione digitale dell’ASL Roma 2.

Il Direttore mette in guardia dal considerare tutti gli uccisori nei femminicidi come malati mentali: questo è vero solo in piccola parte. Bisogna rispettare la libertà e il ruolo della donna in società per abbattere il concetto di patriarcato; è necessario, inoltre, che nella cultura si “spezzino” alcuni automatismi maschili, come la battuta sulle donne in senso dispregiativo, come anche, per esempio, il fatto che nei convegni ci sia una preponderanza maschile e le donne siano ridotte al ruolo di hostess.

L’articolo pubblicato sulla rivista Legal Medicine (Unveiling the Dark Nexus: A systematic review on the interplay of mental health, substance abuse, and socio-cultural factors in femicide) a cura di Emanuele Caroppo et al.,  sostiene la tesi che i femminicidi siano un’azione violenta ed intenzionale legata a fattori sociali e culturali, anche in base allo studio effettuato che ha analizzato 3546 articoli e 75 studi.

Il femminicidio si pone come un attacco violento nei confronti della vittima, nell’impedire la sua autodeterminazione come persona a sé stante. Il momento violento si manifesta specialmente quando la donna non rimane nel ruolo dove l’uomo la vorrebbe inquadrata; maggiore è l’emancipazione femminile e maggiore è il rischio che l’uomo veda ciò, come una perdita della propria identità. Il vero amore deve rispettare la libertà e l’autodeterminazione dell’altra persona.

Alla base del processo del femminicidio, sottolinea Massimo Cozza, in un articolo pubblicato su La Repubblica, vi è un’umiliazione del partner che è come se usurpasse il ruolo dominante maschile, fino ad avere una disparità di genere e il controllo del partner più debole. Alla base di questo fenomeno violento vi è, quindi, un insieme di fattori socio-culturali oltre che educativi, psicologici e sociali.

Il femminicidio, nella maggior parte dei casi, è l’unico modo per eliminare l’autonomia e il successo femminile. Un tipo di violenza molto legata a costrutti sociali e alla disuguaglianza di genere a livello mondiale: rifacendosi a ciò, si può affermare come una donna su tre abbia subito violenza fisica e psicologica nel corso della sua vita, secondo una pubblicazione del 2022 su Lancet.

Per affrontare questo fenomeno così complesso e diffuso bisogna essere consapevoli di come vi sia necessità di un cambiamento nei sistemi dei valori e delle relazioni, senza cercare la scusa di etichettare le persone come folli, in assenza di certezze.

In conclusione, ci si augura che i casi di femminicidio diminuiscano avendo una maggiore consapevolezza di ciò che accade intorno a sé, oltre che avendo il coraggio di impegnarsi a cercare il giusto cambiamento che non c’è.

 

Per approfondimenti:

Femminicidi: attenti a pensare all’infermità mentale, l’aggressore non ha quasi mai un disturbo psichico