Un fenomeno fortemente dilagante negli ultimi anni è quello del bullismo. Benché probabilmente il fenomeno sia sempre esistito, se ne sente parlare sempre più spesso, in diversi ambienti: ma a volte si usa il termine in maniera impropria. Facciamo un po’ di chiarezza. Il bullismo e il cyberbullismo sono caratterizzati da manifestazioni violente e intenzionali, di tipo verbale, fisico, sociale, ripetute nel tempo da parte di un singolo o da più persone, anche online (cyberbullismo: vedi più oltre le articolazioni del fenomeno).
Esiste uno squilibrio di potere tra chi aggredisce, per ferire e umiliare, e chi subisce e non riesce a difendersi. Si tratta di fenomeni che esprimono scarsa tolleranza e non accettazione verso chi è ritenuto diverso per etnia, per religione, per caratteristiche psicofisiche, per genere, per identità di genere, per orientamento sessuale e per particolari realtà familiari.
I dati Istat sui comportamenti offensivi e violenti tra i giovanissimi, nel 2014, ci dicono che più del 50% degli 11/17enni è stata vittima di un episodio offensivo, irrispettoso e/o violento da parte di coetanei.
I comportamenti violenti che caratterizzano il bullismo sono i seguenti:
- Offese, parolacce e insulti;
- Derisione per l’aspetto fisico o per il modo di parlare;
- Diffamazione;
- Esclusione per le proprie opinioni;
- Aggressioni fisiche.
Esistono inoltre diverse forme di bullismo; possiamo definirne tre:
- In forma diretta: attraverso violenza fisica o verbale;
- In forma indiretta: divulgazione di notizie false o offensive sulla vittima, esclusione dai gruppi;
- In forma elettronica o cyberbullismo: divulgazione sul web di notizie, foto o video offensive o provocatorie.
Le modalità dirette sono le più visibili, come le violenze fisiche e verbali; quelle indirette, sebbene nascoste, sono quelle che lasciano segni più profondi poiché coinvolgono l’ambito emotivo e psicologico della vittima. Vittima che, intimidita e umiliata, difficilmente denuncia la situazione. È bene quindi saper riconoscere i segnali di sofferenza come: difficoltà alimentari, cambi repentini d’umore, isolamento, tristezza.
Mentre gli attori del bullismo, oltre al bullo e alla vittima, sono altre persone che partecipano anche se indirettamente: i “gregari” cioè coloro che si affiancano al bullo, non intervenendo nell’atto ma incitando e sostenendo la prepotenza; i “neutri”, coloro che osservano dall’esterno, non si schierano e non intervengono e i “difensori” coloro che difendono la vittima riconoscendola in difficoltà.
La sofferenza psicologica e l’esclusione sociale sono sperimentate di sovente da bambini che, senza sceglierlo, si ritrovano a vestire il ruolo della vittima subendo ripetute umiliazioni da coloro che invece ricoprono il ruolo di bullo. La maggior parte degli studi condotti nel settore si trova concorde nel sostenere che i bambini vittime di bullismo soffrono di scarsa autostima, hanno un’opinione negativa di sé e delle proprie competenze. A differenza delle vittime, i bulli appaiono spesso caratterizzati da un’alta autostima. (Menesini, 2000)
Mario Sellini, segretario generale di AUPI, l’associazione unitaria degli psicologi italiani, sottolinea quanto in una situazione emergenziale come quella che si sta avendo negli ultimi anni, possa essere importante la figura dello psicologo a scuola. Chiarisce infatti che la figura dello psicologo all’interno dei contesti scolastici è fondamentale, per individuare in maniera tempestiva i disagi prima che possano favorire lo sviluppo di sindromi psicologiche. Sarebbe necessaria quindi la predisposizione di un programma di prevenzione del bullismo a scuola, attraverso la valutazione del disagio giovanile e dei fattori di rischio individuali, familiari e ambientali, che potrebbero generare comportamenti violenti. L’introduzione della figura dello psicologo nel contesto scolastico, potrebbe contribuire alla promozione delle risorse e delle potenzialità dei ragazzi in una fase delicata come quella dello sviluppo.
I dati emersi dal report HBSC-Italia (Health Behaviour in School-aged Children), evidenziano che circa il 20% degli 11enni subisce atti di bullismo e cyberbullismo, con una percentuale che però si riduce al 10% nei gruppi di età successivi. Il bullismo va quindi contrastato il prima possibile.
Questo ha portato a una stretta da parte del governo su bullismo e cyberbullismo: fino a sette anni di carcere e multe fino a 2000 euro per i genitori del bullo.
Questo prevede la nuova Legge n. 70 del 17 maggio 2024 che prevede l’introduzione di un nuovo articolo nel codice penale che definisce e punisce i reati di bullismo e cyberbullismo.
Anche l’Arma dei Carabinieri si è interessata alla crescita di questo fenomeno e per contrastarlo ha lanciato il progetto ‘Bullizzometro‘, un test di autovalutazione, sotto forma di segnalibro, elaborato dal Reparto analisi criminologiche del Raggruppamento carabinieri investigazioni scientifiche. Si tratta di uno strumento utile ai giovani a rilevare i segnali di atti di bullismo e cyberbullismo. Contiene infatti consigli per chiedere supporto e aiuto in base al livello di violenza: ai genitori e agli insegnanti per le situazioni meno complesse (come le umiliazioni) al 114 emergenza infanzia per i casi più seri (ad esempio minacce e molestie, anche online) e direttamente alle forze dell’ordine per le situazioni gravi, come le aggressioni.
Essere vittima di bullismo è un’esperienza difficile da affrontare. Trovare conforto può essere un passo importante nel processo di guarigione. Leggere storie di bullismo e citazioni di altri ragazzi che hanno vissuto situazioni simili può offrire un senso di comprensione e connessione, aiutando a sentirsi meno soli e ad affrontare meglio le sfide legate al bullismo.
Le conseguenze mentali, fisiche, sociali e scolastiche del bullismo hanno un impatto enorme sul capitale umano e sociale. I costi del bullismo gravano sul sistema scolastico e sanitario, sui servizi sociali, sull’amministrazione della giustizia e anche sulla produttività e sull’innovazione nel campo del lavoro. In questo senso, il bullismo riguarda e influenza tutti noi. Il bullismo è soprattutto un problema di violazione dei diritti umani. Per questo “è responsabilità morale degli adulti assicurare che questo diritto sia rispettato e che per tutti i bambini e per tutti i giovani siano effettivamente promossi un sano sviluppo e l’esercizio della cittadinanza attiva” (Dichiarazione di Kandersteg, 2007).
Per approfondire:
Scuola, rapporto tra pari e Cyber-Bullismo
Indagine HBSC 2022: convegno nazionale 8 febbraio 2023
Il bullismo a scuola: sviluppi recenti
Le classificazioni del fenomeno del Cyberbullismo
- “Sexting”: con questo termine si intende lo scambio di messaggi elettronici contenenti testi e/o immagini sessualmente esplicite in base alla libera volontà delle parti, generalmente adolescenti. Non costituisce illecito
- Revenge Porn: consiste nella diffusione, senza l’autorizzazione della vittima, di video o immagini private della stessa, generalmente realizzate con il suo consenso ovvero carpite durante momenti intimi.
- Sextortion: dai termini inglesi sexual e extortion – che consiste nell’estorcere denaro ovvero ulteriori immagini sessualmente esplicite, dietro il ricatto di esporre le immagini della vittima – già in possesso dell’autore del reato – a familiari, amici o conoscenti.
- Child grooming: da grooming, ovvero la toelettatura di animali e child ossia bambino con cui si intende l’adescamento di minori.
- Child sexual coercion and extortion: che consiste nel ridurre i minori e/o la loro immagine sessuale, a oggetti di commercio, al fine di procurarsi dei vantaggi sessuali – quali immagini sessualmente esplicite di un determinato minore e/o attività sessuale con il minore stesso – o con scopo di lucro.
- Happy slapping: ossia la produzione di una registrazione video di un’aggressione fisica nella vita reale a danno di una vittima e relativa pubblicazione e condivisione online con altri utenti che, pur non avendo partecipato direttamente all’accaduto, esprimono commenti, insulti ed altre affermazioni diffamanti e ingiuriose.
- Self generated indecent material: letteralmente “materiale osceno autoprodotto” consiste nella produzione, mediante autoscatto oppure autoripresa via webcam, di una persona svestita o semi-vestita, ovvero coinvolta in condotte sessuali più o meno esplicite.
- Virtual child pornography: con cui si intendono le rappresentazioni visive di un minore attraverso immagini generate al computer, sotto forma di fumetti o disegni; in particolare, è la produzione, detenzione e divulgazione di questo materiale che costituisce reato.
- Solicitation: che è, sostanzialmente, una richiesta di coinvolgimento in attività sessuali o a tenere conversazioni a sfondo sessuale od a fornire informazioni personali di natura sessuale, per lo più riferite ad un minore, fatte da un adulto.
- Knockout game: la videoregistrazione di un’aggressione fisica, che consiste nel colpire violentemente qualcuno in un luogo pubblico con un pugno, e la pubblicazione del filmato nei social network con lo scopo di ottenere il massimo numero di voti o commenti.
- Outing and trickery: consiste nella pubblicazione o condivisione con terze persone di informazioni confidate dalla vittima con cui si è instaurato un rapporto di fiducia in seguito a un periodo di amicizia.
- Challenge: cioè delle vere e proprie sfide in cui i giovani assumono comportamenti pericolosi e rischiosi per la vita che, una volta ripresi, vengono divulgati sul web, diventando così virali.
- Binge drinking: in cui la sfida consiste nel bere nel più breve tempo possibile il maggior numero di drink alcolici.
- Kiki challenge: ove la persona balla pericolosamente su una strada dopo essere uscito da una macchina.
- Skull breaker challenge: sfida in cui la vittima viene sgambettata e fatta cadere all’indietro facendogli sbattere la nuca.
- Samara challenge: ha lo scopo di spaventare i passanti, comparendo travestito con una tunica bianca, i capelli che coprono il volto ed un coltello giocattolo in mano.
- “Chinnamon challenge”e “Tide Pod challenge”: che sfidano ad ingerire sostanze pericolose come cannella e detersivi.
- Jonathan Galindo: l’autore è un personaggio virtuale che, con le sembianze del famoso cane dei fumetti di Topolino e sotto il nickname di Jonathan Galindo, invia richieste di amicizia o messaggi privati con lo scopo di “invitare al gioco” le vittime prescelte; una volta stabilito il contatto, questi inoltra il link per giocare, all’inizio anche con giochi blandi e divertenti per creare i presupposti di una costanza che, in un crescendo pericoloso di azioni spericolate – propinate sotto forma di sfide e prove di coraggio – può condurre ad atti di autolesionismo od a gesti ancor più estremi, quale il suicidio.
- Blue whale: con tale termine si indica – in analogia ai comportamenti apparentemente immotivati di spiaggiamento e morte di questi cetacei – un gioco di adescamento online articolato in una serie di cinquanta prove attraverso le quali un tutor indurrebbe un teenager – che accetta di partecipare volontariamente postando un messaggio – a compiere atti di autolesionismo ed a intraprendere azioni pericolose per la sua incolumità, che vengono documentate mediante smartphone e condivise in rete sui social network, fino all’atto finale del suicidio, quale ultima prova.
- Momo challenge: sembra si sia diffusa prima nei paesi di lingua spagnola per poi giungere in quelli anglofoni ove si sono registrati i primi casi nel luglio del 2018. Tale pratica colpisce i più giovani, ai quali viene chiesto di inviare dei messaggi a un numero Whatsapp, dal quale si ricevono successivamente le istruzioni per completare una serie di compiti bizzarri, pericolosi od anche estremi.