Il dramma del bambino dotato e la ricerca del vero sé. Recensione del libro di Alice Miller

Il dramma del bambino dotato e la ricerca del vero sé. Recensione del libro di Alice Miller

Chi non ha mai detto o almeno sentito la frase “fare il genitore è il lavoro più difficile del mondo”? E quanto è facile non crederci, quanto è facile non darci peso, e vederlo solo come qualcosa di perfettamente inseribile nella nostra esistenza?

Questo libro fa cambiare idea. Parlando di educazione genitoriale emerge fortemente, quasi prepotentemente, il rischio a cui il genitore va incontro decidendo di crescere ed educare un bambino, soprattutto durante l’infanzia. La mente del bambino, infatti, malleabile e influenzabile, può essere danneggiata e ferita anche dal genitore più amorevole e premuroso: quante attenzioni è giusto dare al bambino, affinché cresca sicuro di sé ma non presuntuoso? Quante e quali parole è corretto usare per elogiarlo? Che tratti della sua personalità e quali sue abilità è appropriato correggere e quali è invece giusto incoraggiare?

Ma soprattutto, viene evidenziato che l’amore che viene dato al bambino sarà lo stesso che quest’ultimo, da grande, ricercherà e crederà di meritare.

Questo libro, scritto in maniera chiara e ricco di esempi di vita reale, tratta in modo particolare i casi di depressione sviluppata da quei soggetti denominati “dotati”, se non addirittura “bimbi prodigio”.

Questi individui, da sempre elogiati per responsabilità, maturità, o anche prestazioni, sportive o scolastiche che siano, tenderanno probabilmente a sviluppare ciò che viene chiamato un “falso Sé”, un’identità fittizia, che in questo caso mostra solo ciò che gli adulti di riferimento vogliono vedere. E ovviamente crescendo saranno sempre più lodati, perché ciò che esibiscono sono qualità oggettivamente e universalmente apprezzate; questo fino a quando, per ragioni molteplici e differenti da individuo a individuo, arrivati a un certo punto della loro vita si guarderanno dentro per poi scoprire, con orrore, che loro non sono ciò che mostrano agli altri da una vita.

Un’esperienza del genere non viene ovviamente percepita con lucidità; sarà invece vissuta con sentimenti di vuoto, di disperazione, di inutilità. Tutti sintomi che la psichiatria moderna etichetta come “depressione”, una depressione incompresa, da chi la vive in prima persona ma anche dalle persone che lo circondano, che si trovano perplessi e confusi: cosa c’è che non va nella vita di una persona così elogiata, così realizzata in tutto ciò che fa?

Ed è questo che si evince da questa lettura: nessuno al mondo è davvero ciò che mostra, che davvero chiunque può vivere un’esperienza di disagio mentale, nonostante tutte le sue qualità, nonostante tutte le persone che la stimano ed elogiano, nonostante ogni cosa materialmente positiva che ha nella sua vita: perché, forse, sono proprio queste che l’hanno danneggiata e ferita irrevocabilmente.