Per i giovani la sessualità è diventata una gara, non è più un momento di condivisione

Per i giovani la sessualità è diventata una gara, non è più un momento di condivisione

La crescita di un individuo si suddivide in vari ambiti, tra cui quello sessuale e affettivo. In questi ultimi anni, secondo le ricerche annuali di Durex, la situazione in questi due campi sta deteriorando la dimensione intima per prediligere quella della forma.

Vivere la propria sessualità è diventata una gara in cui ottenere ottimi risultati e non un momento di condivisione con il/la partner, in particolare nelle fasce della Generazione Z (1997-2012) e successive. Le emozioni come la sana paura e la curiosità di una nuova esperienza stanno svanendo piano piano.

L’utilizzo del preservativo tra i giovani è valutato in diminuzione fino al 43%, quindi a meno della metà. Questo fenomeno può essere ricondotto a vari elementi, tra cui la paura di provare meno piacere o il non voler interrompere l’atto, come se fermarsi per un momento fosse la fine del momento piacevole in sé.

Per quanto riguarda i giovani appartenenti alla comunità LGBTQ+, i metodi per proteggersi dalle malattie sessualmente trasmissibili (IST) sono ancora il preservativo ma anche il dental dam, un sottile quadrato in poliuretano o lattice da usare durante i rapporti.

Altro elemento di cui tenere conto riguarda l’età della prima volta, scesa significativamente dagli anni Settanta fino ad oggi: un giovanissimo su tre ha il suo primo rapporto in età preadolescenziale, tra gli undici e i tredici anni. A quell’età non si ha piena consapevolezza dei rischi di una dimensione così grande e personale, avendo soltanto voglia di bruciare le tappe rispetto ai coetanei.

Durex, per incentivare l’uso del preservativo non soltanto come anticoncezionale ma anche per altre valenze (come la protezione da malattie veneree), ha proposto il progetto “Funziona in due”, espressione di una cultura basata sul dialogo, il consenso e il rispetto verso sé stessi e gli altri.

L’educazione sessuale da anni non è più compresa nelle materie erogate nelle scuole, nonostante ce ne sarebbe bisogno per svariati motivi (uno tra questi sono le gravidanze in età precoce, soprattutto adolescenziale).

Nonostante tutto, però, la Generazione Z è quella più disposta ad avere corsi di educazione sessuale e affettiva anche nelle scuole, per non trovarsi “impreparata” nelle prime esperienze sessuali con l’altro sesso, lo stesso sesso o entrambi.

Ma cosa ricercano questi ragazzi e ragazze in un corso di questo genere?

Ricercheranno, in maggior parte, sicurezze riguardo l’ambito sessuale e affettivo, risposte alle loro curiosità e insicurezze; il tutto affidandosi a esperti del settore che potranno guidarli verso una sessualità più sana e consapevole.

Uno degli argomenti che potrebbero interessare i ragazzi e le ragazze è il dolore della prima volta: ci deve essere per forza? Si perde necessariamente tanto sangue? E se il dolore dovesse continuare anche durante i successivi rapporti? In questo caso si parla di varie patologie come la dispareunia (dolore genitale femminile che si presenta durante il rapporto sessuale), vaginite (infiammazione della vagina) e l’endometriosi (infiammazione cronica benigna degli organi genitali femminili e del peritoneo pelvico), per fare qualche esempio.

Quali sono, quindi, i pro di un corso di educazione sessuale ed affettiva?

È presto detto. Chi vi partecipa migliora le proprie abilità nei campi relazionale, comunicativo ed affettivo; riflette sui propri stati affettivi e sui modelli di relazione tra compagne/i con le persone adulte che lo/a circondano; comprende come la sessualità vada vista in una dimensione globale della persona, sotto vari aspetti (biologico-riproduttivo, psico-affettivo e socio-relazionale); aumenta correttamente la sua conoscenza sui temi inerenti il periodo di crescita di studenti e studentesse.

Un buon esempio lo porta l’AUSL della Regione Emilia- Romagna che, in collaborazione con il proprio Spazio Giovani per ragazzi dagli 11 ai 20 anni, ha incentivato il progetto nelle scuole “W l’Amore”: grazie ad esso, sono coinvolti ragazzi, ragazze e genitori (non soltanto come tali, ma come persone sessuate) dove, in uno spazio sicuro e senza giudizi, possono porre delle domande inerenti all’ambito della sessualità e dell’affettività con le risposte di esperti dei consultori e del SSN.

Qual è invece la situazione in Europa, per quanto riguarda l’educazione sessuo-affettiva?

Svezia, Austria, Germania, Francia e Spagna hanno questa materia come obbligatoria nei loro programmi di studi. La prima ha introdotto l’educazione sessuale come pienamente esercente dal 1955, l’Austria dal 1970 e la Germania dal periodo post-riunificazione (1989).

Al contrario, in Paesi come Ungheria e Polonia, si osservano iniziative più politiche che educative, con restrizioni sulla discussione di temi come l’omosessualità. L’Italia è tra i fanalini di coda riguardo l’educazione sessuo-affettiva, non avendo una vera e propria politica per l’istituzione di questa materia nei programmi scolastici.

In conclusione, la sessualità è un ambito delicato che riguarda tutti, in ogni fascia di età: con le giuste attenzioni e la giusta formazione si potranno formare generazioni più consapevoli in campo affettivo e sessuale, a partire proprio dalla proposta dell’instaurarsi di corsi inerenti a questi ultimi.

 

Per approfondimenti:

Educazione sessuale e affettiva: perché è importante a scuola

Educare alla sessualità: adolescenti e piacere in un percorso formativo tra scuola e servizi sanitari