Il nuovo disegno di legge sulla salute mentale: quali risposte dà a chi soffre?

Il nuovo disegno di legge sulla salute mentale: quali risposte dà a chi soffre?

Francesco Zaffini di Fratelli d’Italia ha firmato il nuovo DDL sulla salute mentale del nostro Paese. Si rischia, però, di tornare indietro anziché andare avanti: sarebbe secondo alcuni un tentativo di mettere mano alla fondamentale Legge Basaglia del 1978, che ha rivoluzionato l’ambito e l’assistenza psichiatrica in Italia.

Si è parlato addirittura di manicomietti. Abbiamo voluto quindi leggere il DDL per intero. Tranne alcune esasperate questioni di “sicurezza” non ci è sembrato troppo incisivo. Andiamo per ordine.

Il DDL non comincia male: richiamando in premessa la trasformazione delle forme di sofferenza mentale (elencate sommariamente più che analizzate) e l’incremento delle persone che ne soffrono; a fianco a questo ricordando che, a dispetto di quanto stabilito in Conferenza Stato Regioni già nel 2001, il finanziamento dei servizi per la Salute Mentale non ha mai conseguito la soglia del 5% rispetto al totale per il SSN: attestandosi al massimo al 3%.

I toni si fanno però da subito allarmanti, in quanto la parola chiave più volte richiamata è quella della “sicurezza”. Sicurezza dei pazienti ma anche dei loro familiari e quindi degli operatori socio-sanitari. Sicurezza, incolumità, violenza: chi ha familiarità con la storia della salute mentale non può non cogliere il riecheggiare di quel concetto di pericolosità sociale che si sovrapponeva a quello di follia.

Torniamo alle note positive (siamo ancora alle premesse) quando si invoca la diagnosi precoce attraverso l’individuazione del disturbo mentale sin dalla preadolescenza: attraverso la disposizione di modalità di collaborazione che coinvolgano la famiglia, i servizi sanitari e quelli educativi.

Passando all’articolato, una certa enfasi viene posta sugli interventi di prevenzione intesi come diagnosi precoce, in età minorile, e presa in carico precoce: attraverso la comprensione all’interno dei DSM dei servizi di salute mentale dell’età evolutiva.

Per quanto riguarda l’organizzazione dei servizi, sostanzialmente si fotografa la situazione che si è venuta delineando negli anni; solo mettendo “a sistema” la ricomprensione dei servizi per le dipendenze e le tossicodipendenze all’interno dei DSM.

Lo stesso può dirsi per quanto riguarda le figure professionali dei servizi per la salute mentale: vengono ricomprese quelle che via via, negli anni, hanno declinato le professionalità su cui si incardinano i diversi servizi. Nel comma 2 dell’articolo 4 si torna però ad occuparsi di sicurezza: quella, specificamente, degli operatori socio-sanitari. Il concerto con i ministeri dell’Interno e della Giustizia; la previsione (motivata, certamente) di misure e trattamenti coattivi farmacologici, fisici, e ambientali: anche se riconosciamo che il problema possa esistere, l’eco della Legge Crispi è piuttosto vivo.

Venendo alle situazioni di emergenza, urgenza e crisi, vengono richiamate le disposizioni vigenti in termini di ASO e TSO: solo aumentando la durata “ottimale” del TSO dagli attuali 7 giorni fino a 15. Nessun riferimento viene invece fatto alla questione dell’intervento di convalida del giudice tutelare (su cui si è espressa di recente la Corte Costituzionale); solo si scrive che la proposta di TSO deve essere convalidata da un medico.

Per quanto riguarda i rapporti con l’amministrazione penitenziaria, se è nell’ordine delle linee normative già esistenti che si organizzi e si potenzi l’assistenza psichiatrica in carcere, appare sufficientemente innovativo che si preveda anche la possibilità di TSO in carcere: mentre attualmente il TSO dei carcerati era destinato comunque (sia pure con immaginabili difficoltà) al regime ospedaliero (SPDC).

Una prima lettura del DDL ha generato un certo allarme per quanto riguarda l’accento posto sulla “residenzialità”. Si tratta però del riconoscimento di strutture comunque esistenti, che con diverso grado di intensità ed estensività sono già utilizzate nell’ambito delle politiche pubbliche per la salute mentale. Nell’ambito della residenzialità appare invece rilevante che si preveda, in caso di necessità o comunque di opportunità di allontanamento della persona con sofferenza mentale dal suo ambito familiare, che si debbano individuare opportunità alloggiative nell’edilizia residenziale pubblica.

E per quanto riguarda i finanziamenti? Avevamo preso atto che la premessa del DDL lamentasse la distanza tra il programmato e l’erogato per quanto riguarda la spesa dedicata alla salute mentale. Negli ultimi articoli vengono previsti alcuni stanziamenti specifici, destinati a campagne di informazione, attività formative e poi, con un valore ben più importante, al rimborso per le spese sostenute direttamente per gli interventi precoci negli stati mentali a rischio nell’età dell’infanzia e dell’adolescenza.

Oltre all’introduzione dei già citati “manicomietti”, strutture residenziali o semiresidenziali per la cura di chi soffre di patologie mentali, si parla di implementare i giorni previsti per il Trattamento Sanitario Obbligatorio (TSO) da sette a quindici; oltre a ciò, si pensa di coordinare il fenomeno della contenzione meccanica, in particolare nei Servizi ospedalieri di Diagnosi e Cura (SPDC).

Testo del DDL S.1179

ANSA

La Repubblica

Quotidiano Sanità