Un articolo pubblicato da Studio Cataldi ha evidenziato i vari tipi di violenza verso chi si identifica come donna, proprio a partire dai loro compagni, padri, mariti e così via. Tra questi tipi di violenza troviamo il mobbing, lo stalking, il revenge porn e il catcalling.
La prima definizione tecnica di “violenza” è stata data nell’art. 1 della Dichiarazione sui principi fondamentali di giustizia in favore delle vittime di crimini e abusi di potere, proclamata dall’ONU il 29 novembre 1985.
Il detto “chi dice donna dice danno” è ormai superato: la donna che subisce violenza fisica e/o psicologica può non essere creduta, un po’ come quella che vive una storia d’amore tossica che la rovina e non la lascia libera di esprimersi.
Secondo Edoardo e Chiara Vian, esperti di crisi di coppia, le coppie che litigano per i soldi non litigano propriamente per essi, ma per la loro gestione. Il tutto in una relazione che non ha nulla di positivo, con ricadute anche sui bambini, succubi di violenza o che non vedranno mai la luce.
C’è anche una normativa specifica sul quadro della violenza femminile: la Convenzione di Istanbul (11 maggio 2011), reiterata anche dall’Italia almeno sulla carta, ha fallito perché il corpo delle donne è ancora oggettificato in pubblicità e programmi televisivi, oltre che in altri ambiti.
Un altro tipo di violenza importante è quella digitale, il cosiddetto “cyberbullismo”: molti genitori tendono a giustificare i figli per quello che compiono in rete, quando invece dovrebbero essere un esempio positivo.
La saggista Lucetta Scaraffia sostiene che contro violenza e stupri, bisogna ripartire da un’educazione capillare, a scuola e a casa, che insegni ai ragazzi a controllare i propri impulsi. Si deve ripartire dalle basi, senza farsi inficiare da aggettivazioni ed eventi esterni.
In conclusione, la violenza può essere combattuta, ma sempre con gli strumenti giusti e dei professionisti formati a dovere.
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