Diritto alla bambinità. L’importanza di ascoltare e rispettare i bambini

Diritto alla bambinità. L’importanza di ascoltare e rispettare i bambini

L’articolo di Margherita MarzarioDiritto alla Bambinità” ci ha stimolato alcune riflessioni che vanno anche oltre i confini anagrafici della condizione infantile.

Conosciamo davvero i nostri bambini? E soprattutto li rispettiamo? Sembrerebbe di no. Spesso e volentieri emergerebbe come proprio i loro diritti fondamentali siano violati. Da noi. Dagli adulti.

Bisogna saperli osservare. Bisogna saperli incontrare. Per poter imparare a dialogare con loro. Come i primi cultori dell’infanzia, da Piaget e Montessori hanno fatto.

Osservarli significa vederli davvero, non con gli occhi dell’adulto pieno di pregiudizi e, diciamolo, anche di aspettative su di loro. Vuol dire creare uno spazio di osservazione in cui stare, talvolta anche in silenzio, senza prevenire, senza dire, senza anticipare l’azione del bimbo, dandogli campo e fiducia. Osservare vuol dire guardare con gli occhi fisici ma anche con quelli della mente e quelli emotivi, vuol dire creare una zona di interconnessione, senza fretta. Incontrando la purezza, senza andare via troppo bruscamente, presi dalle cose da fare.

È proprio questo il primo diritto fondamentale più trascurato dei bambini, spesso sostituito dalla preoccupazione relativa al come vestirli, cosa preparargli da mangiare, confondendo, talvolta, i gusti degli adulti con quelli del bambino.

I primi 6 anni di vita del bambino costituiscono un laboratorio di scoperte e invenzioni eccezionale, una palestra in cui le esperienze andranno a formare l’impalcatura emotiva e cognitiva. Spia privilegiata di questo intenso lavoro cerebrale è l’acquisizione del linguaggio, in cui la logica cede il passo alla fantasia e alla creatività, dice Ada Fonzi, psicologa dello sviluppo.

Altro diritto fondamentale del bambino è il diritto alla spensieratezza, alla risata e al gioco. La Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia parla di atmosfera di felicità amore e comprensione.

I bambini sorridono sin da quando sono appena nati, anche se per riflesso; ma la loro purezza spalanca ogni altra forma di espressione. Sotto un cielo emotivo sereno i bambini possono e devono avere la possibilità di sognare.

Ma viviamo davvero in una società che è in grado di sognare? E noi adulti come siamo messi in relazione ai nostri sogni? Gli diamo spazio, gli diamo anima? Spesso le giornate diventano una catena di cose da fare e programmi da organizzare. E non c’è spazio per il resto. Quel resto che crea tessuto emotivo che amplifica vitalità e creatività. Dobbiamo saperlo.

I bambini hanno diritto al loro ritmo e al loro tempo. Assistiamo invece sempre più a una forma di anticipazione, si anticipa il tempo dello svezzamento, il tempo dell’ingresso alla scuola primaria, senza tener conto del carico emotivo che c’è. Non c’è mai perdita di tempo se si rispetta la naturale crescita dei bambini, che solitamente non coincide con lo sviluppo fisico intellettivo o comportamentale. Ogni bimbo è unico e unica è l’esperienza che fa delle tappe evolutive. Senza troppi confronti. Senza troppi timori. Bisognerebbe dare più fiducia al bimbo eppure spesso per paura si cade nel tentativo di giudicare, qualcosa che ancora non c’è, piuttosto che guardare quello che c’è.

Il fanciullo ha diritto alla libertà di espressione. Per farlo ha necessariamente bisogno di un tempo e di uno spazio per acquisire gradualmente capacità e i relativi mezzi. Esprimere vuol dire etimologicamente ‘fare uscire premendo’ (Vocabolario Treccani), vuol dire manifestare a voce, a parole, o per iscritto i propri pensieri o sentimenti. Imparare ad incanalare tutto ciò che scorre dentro di sé, stati d’animo, emozioni, attraverso la libertà di espressione dei sentimenti è di fondamentale importanza. I bambini hanno diritto di essere educati ai sentimenti, hanno il diritto di vivere i loro sentimenti. Non ci può essere riconoscimento della propria identità senza passare attraverso la consapevolezza dei propri sentimenti.

Spesso la purezza è associata ai bambini. Proprio perché tangibile è la loro libera e chiara capacità comunicativa; si fanno capire molto bene, si parla ormai non più di bimbo competente ma addirittura di feto competente. Questo per sottolineare quanto, di contro, spesso e volentieri dall’altra parte l’interlocutore ci sia un adulto non sempre pronto e preparato a cogliere i suoi segnali. L’educazione sentimentale deve perciò mirare a salvaguardare questa purezza.

La Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia, stabilisce che il fanciullo ha diritto di ricevere informazioni e idee di ogni genere affinché possa avere la libertà di espressione. Per far questo è necessario trasmettere, oltre le regole, la verità. I bambini hanno estremamente bisogno di autenticità e l’autenticità passa attraverso la verità. Lo psicoterapeuta Alberto Pellai sottolinea: “La verità, anche la più difficile, per i bambini è sopportabile. Quando è stata detta, permette di dare voce a tutte le emozioni che essa scatena. Si può piangere per la tristezza, urlare per la rabbia, addolorarsi per la fatica. Ma almeno le cose possono essere dette. Così non rimangono intrappolate nella paura o nella bugia di chi sa qualcosa che c’è ma che non può essere comunicato. La verità fa bene. Anche quando fa male. A questo dovremmo pensare quando in gioco c’è il dolore e la malattia. E quando in questo gioco doloroso, purtroppo, sono coinvolti i bambini”.

La “personalità del fanciullo è sacra” (art. 1 Carta dei diritti del fanciullo al gioco e al lavoro, Roma 1967) e ogni bambino ci dice a suo modo la bellezza e le ferite della vita e ci richiama così alla nostra responsabilità” (dalla Charte du BICE, Parigi 2007).

Forse l’adulto ha molto da imparare dal bambino, ha molto da osservare, a volte è semplicemente tutto molto chiaro, fin troppo chiaro, ma la rigidità dei pregiudizi o la velocità della quotidianità non permette di vedere con attenzione. Forse se impariamo a rispettare la bambinità dei bimbi, impareremo a rispettare quella bambinità che in fondo, sotto qualche strato di corazza, esiste dentro di noi.

Per approfondire:

Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia