Teatro Tor Bella Monaca, venerdì 30 settembre, la serata cinematografica della manifestazione RO.MENS si è aperta con la proiezione della parole di Ascanio Celestini, attore, drammaturgo e scrittore teatrale.
Da quando sono stati chiusi i manicomi grazie alla legge 180/78, i “matti” hanno iniziato a rappresentare un potenziale cambiamento rivoluzionario, incidendo nel tessuto sociale e modificandone la struttura.
Nell’intervista Ascanio Celestini sottolinea come il “matto” non sia soltanto tale, il “matto” non vuole essere soltanto “matto”; una dimensione altra che rifiuta di essere irregimentata.
A livello pratico Celestini vede la guarigione come uno stadio utopico finale, mentre la cura un processo umano e pertanto fattibile, più reale.
Nell’area semantica la cura non è la guarigione anche se sono due concetti vicini e confondibili; la guarigione rimanda ad un benessere perpetuo difficilmente raggiungibile mentre la cura è un processo molto più antropocentrico e vicino all’uomo non più abbandonato a sé stesso; tutto ciò è fondato sulla relazione tra le persone che si rivela essere il vero asse portante contro la malattia.
Inoltre è importante, secondo l’attore, marcare la differenza tra ferita a livello organico e ferita della dimensione psichica: “Quando ci feriamo utilizziamo il cerotto quando siamo tristi, perdiamo sangue comunque, ma forse non abbiamo bisogno del cerotto”.
Buon ascolto!
Riprese e post produzione realizzati a cura di Federico Moschetti.